“Dark Water” (2002)


Dark Water (仄暗い水の底から Honogurai mizu no sokokara) è un film del 2002 di Hideo Nakata, ispirato dall’omonimo racconto di Kōji Suzuki.


Trama:

Yoshimi Matsubara è una giovane donna divorziata e con alle spalle qualche problema psichico, che cerca una casa per sé e la propria figlia di sei anni, Ikuko. Decide di prendere una casa che la trascinerà nella misteriosa e paurosa realtà di una bambina morta due anni prima in quella stessa casa. Dall’appartamento sopra il loro, residenza della famiglia della bambina morta due anni prima, provengono strani rumori. La madre frequentemente ritrova un piccolo zainetto rosso di cui, ogni volta, tenta di sbarazzarsi. Le vicende spaventano la madre che tenta di andarsene dall’appartamento ma viene dissuasa dal suo avvocato. Una notte, dopo aver trovato per l’ennesima volta lo zainetto rosso nella borsa di sua figlia, la madre decide di recarsi sul terrazzo del palazzo.


Commento:

Seconda collaborazione tra Nakata e Suzuki: anche il precedente Ringu (1998) era stato tratto da un romanzo dello scrittore. Proprio Ringu nel 1998 segnò l’ascesa del J-Horror, la nuova ondata giapponese caratterizzata da ritmi ed atmosfere ben diverse da quelle del filone horror occidentale a cavallo tra i due millenni (e molto più efficaci). A Ringu seguirono altri titoli, tra cui Ju-On di Shimizu (2000), forse l’altro titolo top della corrente jappo. Nakata comunque ritorna sui passi del suo capolavoro con questo Dark Water (tre anni più tardi uscirà il remake americano, assolutamente non all’altezza dell’originale), nel quale veniamo nuovamente avvolti da armosfere cupe e sinistre apparizioni: anche qui c’è una bambina fantasma, come la Samara di Ringu. Ma laddove in Ringu erano i toni orrorifici a farla da padrone, qui – sebbene la tensione rimanga alta per tutta la durata del film – è l’elemento drammatico a prevalere. Le tre protagoniste della storia – una donna instabile psicologicamente, la sua figlioletta e appunto la bambina fantasma che appare loro nell’appartamento dismesso nel quale le due si sono appena trasferite – vivono un profondo dramma interiore, ognuna per i propri motivi. L’ansia di dover crescere da sola una bambina in seguito alla separazione dal marito, la difficoltà di crescere senza un padre e ovviamente la tragedia che si nasconde dietro alle apparizioni della bambina in impermeabile giallo e borsetta rossa sono indagate al meglio nello script di Suzuki, il quale prima di darsi alla letteratura horror scriveva di psicologia infantile.

Da parte sua, Nakata fa bene il suo compito dietro la macchina da presa, calando lo spettatore in ambientazioni tetre e rendendo al meglio le allucinazioni perverse del romanzo di Suzuki (un’abnorme chiazza di umidità che si espande sempre più sul soffitto, i flashback psicotici della madre che sembra confonda passato e presente – anche lei ha vissuto un’infanzia disagiata -, le fugaci apparizioni del fantasma alla bambina nell’asilo che frequenta). Il tema dell’acqua e della vasca da bagno viene ripresa da Where lies beneath (Zemeckis, 2000) – peraltro forse il film americano che più ha approfittato delle atmosfere malate lanciate da Nakata. Il finale forse è un po’ deludente per chi si aspettava un maggiore coinvolgimento della protagonista (la madre) nelle misteriose vicende riguardanti la bambina scomparse che riappare sotto forma di incubo. Ad ogni modo i punti forti del film sono molti, primo tra tutti proprio l’interpretazione notevole di Hitomi Kuroki e ovviamente le atmosfere morbose, a confine tra realtà e follia. Non seminale come Ringu ma diversamente interessante; sicuramente però meno adatto al grande pubblico del J-Horror più classico.


Video:

Trailer del film.


Valutazione: 72/100


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Film simili:

Where lies beneath (2000)

Dark Water (2005)

 Ringu (1998)

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