Archivi del mese: novembre 2010

“Nude per l’Assassino” (1975)


Quello che Andrea Bianchi fece fondamentalmente per realizzare Nude per l’Assassino (conosciuto all’estero come Strip Nude for your Killer), fu di prendere ispirazione da due must del giallos all’italiana, Sei Donne per l’Assassino (Mario Bava, 1964) e Cosa avete fatto a Solange? (Massimo Dallamano, 1972) e di unire le due trame in un vortice di morte e perversione, raggiungendo in questo modo l’apice di exploitation visto in una pellicola del genere. Il gradimento del risultato dipende dall’occhio dello spettatore: film cult per chi mastica quotidianamente giallos all’italiana, probabilmente spazzatura trash per chi non ha domestichezza con il genere. Continua a leggere

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“The Trip” (1967)


The Trip (noto in Italia come Il Serpente di Fuoco) è un’opera atipica nella filmografia di Roger Corman, meglio conosciuto al pubblico per una serie di notevoli pellicole horror dal sapore gotico realizzate con l’ausilio dell’attore Vincent Price (La Maschera della Morte Rossa, La Caduta della Casa Usher). In The Trip invece Corman affronta il tema delle droghe psichedeliche, segnatamente del LSD, che nell’anno di produzione del film in questione aveva ormai raggiunto un ampissimo pubblico. Lo script del film è nientepopodimeno che di Jack Nicholson. Continua a leggere

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“Brucia, Ragazzo, Brucia” (1969)


Quando Fernando Di Leo, nel 1969, produsse il dramma erotico Brucia, Ragazzo, Brucia (il titolo del film deriva dalla canzone cantata da Carmen Scerry, che fa da sottofondo musicale ai bellissimi titoli iniziali), sicuramente aveva in mente un obiettivo ben chiaro: mettere alla berlina i finti ideali e lo stile di vita dei borghesi italiani del suo tempo. A tale scopo, Di Leo mise insieme una vacanza al mare, una famiglia di borghesucci annoiati, un bagnino pseudo-hippie, un tradimento sessuale e le conseguenze che esso può avere se messo di fronte ad una mentalità ristretta e squadrata. Continua a leggere

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“La Ragazza che sapeva troppo” (1963)


La ragazza che sapeva troppo di Mario Bava, prodotto nell’estate del 1962 ma uscito nei cinema solo nel 1963 per acquisire il visto di censura, è generalmente considerato il primo film thriller italiano. Ispirandosi fin dal titolo a Hitchcock (il quale aveva girato L’uomo che sapeva troppo, oltre ovviamente al thriller psicologico per eccellenza (Psycho), e ad un’altra manciata di film che avevano dettato gli stilemi del genere (Les Diaboliques di Clouzot, Peeping Tom di Powell), Bava produsse uno dei film che viene tuttora considerato, sia per il valore storico che per la qualità della narrazione, uno dei migliori film giallo/thriller italiani. Continua a leggere

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“Nude… si muore” (1968)


Sebbene dal titolo, Nude… si muore abbia tutta l’aria di essere uno di quei tipici thriller all’italiana in cui il regista, per non scontentare nessuno, cade nell’exploitation gratuito (e talvolta ben fatto) alternando nudi femminili ad omicidi cruenti, non bisogna cadere nel tranello: in realtà il film che Antonio Margheriti (da un’idea del maestro Mario Bava) realizzò nel 1968 non fa leva né sugli uni (i nudi), né sugli altri (gli omicidi). Nude… si muore è sì uno dei primi esempi di giallos italiano ma, sebbene la vicenda si snodi attraverso vari delitti, essi non sono più di tanto violenti (né palesemente mostrati al pubblico); inoltre, pur essendo ambientato in un collegio femminile, non vi è modo di assistere praticamente ad alcuna scena in grado da appiccicare al film l’etichetta di “pellicola (parzialmente) erotica”. Quello che rimane è un discreto giallo in salsa pop, nel quale si alternano scene thrilling e momenti quasi da commedia. Continua a leggere

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“La Donna del Lago” (1965)


La donna del lago, prodotto nel 1965 dall’accoppiata Luigi Bazzoni – Franco Rossellini, è considerato uno dei primi film gialli italiani, anticipatore dell’ondata degli “italian giallos”. La pellicola è ispirata ai delitti di Alleghe, paesino con lago in provincia di Belluno sotto le Dolomiti, in cui fra il 1933 e il 1946 furono compiuti cinque omicidi, rimasti irrisolti fino al 1964. Sulle vicende di Alleghe, scrisse un romanzo Giovanni Comisso ed un libro di cronache il giornalista Sergio Saviane: a queste due opere Bazzani e Rossellini si ispirarono per la realizzazione di La donna del lago. Continua a leggere

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“Terrore nello Spazio” (1965)


Dopo aver contribuito alla realizzazione del primo film horror in Italia (I Vampiri, 1957) e aver fondato il genere thriller (La ragazza che sapeva troppo, 1963) e giallos italiano (Sei donne per l’assassino, 1964), il regista sanremese Mario Bava si concesse anche il lusso di realizzare uno dei primi (e dei pochi) film fantascientifici italiani, nonché forse l’unico, vero, piccolo cult del genere per quanto riguarda le produzioni della nostra penisola. Dichiaratamente influenzato dai classici The Thing from Another Planet (Christian Nyby, 1951) e, soprattutto, Invasion of the Body Snatchers (Don Siegel, 1956), realizzò infatti Terrore nello Spazio, conosciuto all’estero principalmente con il bizzarro titolo Planet of the Vampires. Continua a leggere

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“Torso – I corpi presentano tracce di violenza carnale” (1973)


Con I corpi presentano tracce di violenza carnale (meglio conosciuto all’estero come Torso) Sergio Martino concluse la sua parentesi dichiaratamente giallo-thriller che l’aveva tenuto occupato per tre anni, dal 1971 al 1973, nei quali realizzò cinque film (il primo fu Lo strano vizio della signora Wardh, l’ultimo appunto Torso). I corpi presentano tracce di violenza carnale è un film solido, che non solo sviluppa al meglio gli elementi gialli e thriller della trama ma li contamina anche con scene di omicidi molto violenti, al punto da essere considerato dalla critica uno dei primi slasher italiani in assoluto. Continua a leggere

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“Spasmo” (1974)


Spasmo è un film di Umberto Lenzi, del 1974. Si colloca nel filone giallos italiano/thriller così in voga ai tempi; pur non essendo una pellicola memorabile nel genere e risultando noioso a larghi tratti, si conclude con una finale inaspettato che in parte lo riabilita. Continua a leggere

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“Tutti i Colori del Buio” (1972)


Dei cinque titoli thriller della filmografia di Sergio Martino, pubblicati nell’arco di tre anni (1971-1973), Tutti i colori del buio (All’estero All the colors of the dark) è il migliore. Se Il coltello di ghiaccio rimaneva un tipico giallo all’italiana con qualche contaminazione thriller, Lo strano vizio della signora Wardh presentava la stessa formula migliorando in modo sensibile sia la narrazione della vicenda che la fotografia, Il tuo vizio è una stanza chiusa e solo io ne ho la chiave si sarebbe avventurato con risultati discutibili nell’horror e nello splatter e I corpi presentano tracce di violenza carnale fondeva con buoni risultati il thriller italiano con lo slasher, con Tutti i colori del buio Martino trova l’ideale bilanciamento tra tutti i generi di cui sopra, realizzando un giallo/thriller a tinte ora psicologiche (psicanalitiche) ora horror. Pur senza porre al centro del film la figura di un killer assetato di sangue, Martino ottiene più suspance di quanta non ne avesse trovata nelle altre pellicole, tipicamente fondate sulla presenza di un omicida seriale. Continua a leggere

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“Altered States” (1980)


L’eccentrico regista Ken Russell, dopo anni di bizzarra ricerca stilistica portata avanti passando con risultati alterni attraverso i più disparati generi cinematografici, trovò con Altered States (In Italia Stati di allucinazione), l’apice creativo della sua carriera. Se infatti spesso (sia per quanto riguarda i suoi lavori precedenti sia per quanto riguarda quelli posteriori ad Altered States) le sue pellicole si riducevano ad una cornice delirante costruita attorno ad un plot altrettanto strano, con Altered States egli riesce a realizzare un film che, pur mantenendo una forte vena weird (o perlomeno non politicamente corretta e visionaria), coniuga al meglio i suoi elementi sci-fi e fantasy con una trama sostanzialmente drammatica, innaffiandolo qua e là con elementi tipici del thriller e dell’horror più fantascientifico. Continua a leggere

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“Lo strano Vizio della Signora Wardh” (1971)


Sergio Martino, prima di diventare uno dei più famosi artefici della commedia trash-erotica italiana, fu uno dei primi registi a cimentarsi con il giallo/thriller nel nostro Paese: tra il 1971 e il 1973 girò infatti cinque pellicole, di cui Lo strano vizio della signora Wardh fu la prima; ad essa seguì lo stesso anno La coda dello scorpione, nel 1972 fu la volta di Tutti i colori del buio e di Il tuo vizio è una stanza chiusa e solo io ne ho la chiave, mentre nel 1973 uscìI corpi presentano tracce di violenza carnale. Negli anni seguenti uscirono altre pellicole di Martino dichiaratamente gialle, ma più vicine al poliziesco (o al poliziottesco) che alle atmosfere morbosamente thriller dei cinque titoli di cui sopra. Si noti come Il tuo vizio è una stanza chiusa e solo io ne ho la chiave venne intitolato così dal regista citando un bigliettino che compare in questo film. Continua a leggere

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“Il tuo vizio è una stanza chiusa e solo io ne ho la chiave” (1972)


Il tuo vizio è una stanza chiusa e solo io ne ho la chiave (titolo che è un auto-citazione che il regista Sergio Martino fa di una frase che appare scritta su un bigliettino nel suo Lo strano vizio della signora Wardh, uscito l’anno precedente) è un thriller italiano molto casereccio, liberamente ispirato al racconto Il gatto nero di Edgar Allan Poe, che si fa ricordare più che per l’effettivo valore artistico per la presenza di una bellissima Edwige Fenech, che all’epoca aveva 24 anni ed era forse al picco della sua prestanza fisica; senza la sua partecipazione probabilmente il film non avrebbe nemmeno raggiunto la sufficienza e sarebbe caduto nel dimenticatoio. Continua a leggere

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“Cosa avete fatto a Solange?” (1972)


Con Cosa avete fatto a Solange? (What have you done to Solange?) il regista milanese Massimo Dallamano inizia la sua cosiddetta “trilogia delle studentesse”, che continuerà poi con La Polizia chiede aiuto (1974) ed Enigma Rosso (1978). Il film, a detta della critica il più riuscito della trilogia, è vagamente ispirato ad un romanzo di Edgar Wallace intitolato The clue of the new pin. Le riprese sono state fatte a Londra nel giro di sei settimane nel 1971. E’ considerato uno degli ultimi krimi realizzati, nonché uno degli esempi meglio riusciti di giallo all’italiana (italian giallos). Continua a leggere

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“La Polizia chiede Aiuto” (1974)


Massimo Dallamano realizza nel 1975, a tre anni di distanza da Cosa avete fatto a Solange?, il secondo capitolo di un’ideale “trilogia delle studentesse”; trilogia poi conclusa con Enigma Rosso (1978), da lui scritto ma non diretto a causa della sua improvvisa morte in un incidente stradale. Inferiore al primo capitolo ma superiore al conclusivo, La Polizia chiede aiuto (conosciuto in Gran Bretagna e negli Stati Uniti come What have they done to your daughters?) continua logicamente sull’argomento del primo (la prostituzione minorile) cambiando però la vicenda e la location: non si può considerare quindi un sequel di Cosa avete fatto a Solange?. Per la tematica trattata, il film può essere affiancato a Chi l’ha vista morire? (Aldo Lado, 1972) e a Morte sospetta di una minorenne (Sergio Martino, 1975). Continua a leggere

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“Il Giardino delle Delizie” (1967)


Con il suo primo lungometraggio Il Giardino delle Delizie (conosciuto all’estero come Garden of Delights) il regista bresciano Silvano Agosti fece subito centro: realizzò un film maturo, fortemente influenzato da Bergman e dalla nouvelle vague francese, mantenendo comunque uno stile personale, non di mero richiamo delle grandi influenze a cui la sua idea di cinema si appellava. Lo stesso Bergman, il maestro, incoraggiò Agosti, l’allievo, a continuare a produrre film quando quest’ultimo era ormai quasi deciso a smettere, a causa della barbara censura italiana (o meglio, del Vaticano) che era stata applicata alla sua opera prima (quasi 20 minuti di scene tagliate). Continua a leggere

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“Invasion of the Body Snatchers” (1978)


Quando Philip Kaufman ricevette un budget di ben 3 milioni di dollari per realizzare il remake della pietra miliare Invasion of the Body Snatchers (Don Siegel, 1956) evidentemente aveva già le idee chiare: intendeva mantenere identico il plot, ma trasportarlo dalla location di una piccola cittadina americana a S. Francisco, simbolo della grande metropoli, per aumentare il senso di claustrofobico ed opprensivo della vicenda; inoltre, così facendo, voleva mantenere il messaggio di critica verso la politica, cambiando il suo bersaglio dal maccarthismo e dal comunismo alla politica dell’individualismo e della “caccia al diverso” operata da Nixon e Ford. Continua a leggere

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“Invasion of the Bee Girls” (1973)


L’Invasione delle Api Regine di Danis Sanders si colloca all’interno di quel particolare filone cinematografico nato verso la fine degli anni ’60 e continuato quasi fino alla fine del decennio seguente in cui un plot sostanzialmente fantascientifico viene supportato da una più o meno velata componente socio-politica. Ne Invasion of the Bee Girls Sanders sforna un prodotto commerciale in grado di intrattenere lo spettatore per poco meno di un’ora e mezza, ma intende riflettere tra le pieghe della pellicola una serie di messaggi e preoccupazioni riguardanti l’incedere della società del suo tempo. Continua a leggere

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“Sweet Movie” (1974)


Sweet Movie (in Italia tradotto come Dolcevita) è molto probabilmente il delirio più famoso del regista yugoslavo Dusan Makavejen. Esso unisce nella sua narrazione anarchica i destini di due ragazze, che assurgono a ruolo di protagoniste. Continua a leggere

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“Don’t look now” (1973)


Don’t Look Now (il cui titolo italiano, A Venezia… un dicembre rosso shocking, risulta per una volta più incisivo di quello originale) è un film di Nicolas Roeg, ispirato ad un racconto di Daphne Du Maurier. Sebbene fortemente influenzato dal filone giallos italiano del decennio precedente, il film presenta un’apprezzabile originalità mischiando elementi classici del genere (il trauma, la coppia che si trasferisce in un’altra città, i delitti e il finale shocking) ad espedienti narrativi raramente utilizzati dai registi nostrani, quali l’analisi parapsicologica del demone della depressione e una possibile lettura alternativa del film rintracciabile appunto tramite l’indagine psicologica, irrazionale ed onirica della mente del protagonista, che si muove all’interno del film come un fantasma tra le vie sinistre di una Venezia rarefatta e decadente. Con queste intuizioni, Roeg anticipa di qualche anno gli incubi onirici di Argento e Lynch. Continua a leggere

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