“nEROSubianco” (1969)


nEROSubianco (conosciuto all’estero come attrACTION o The Artful Penetration of Barbara) è un film di Tinto Brass del 1969.


Trama:

Barbara (Anita Sanders), ragazza italiana sessualmente repressa, è nella capitale britannica col marito Paolo (Nino Segurini). Mentre si svaga per la città la mente è un turbinio di pensieri erotici, fomentati ulteriormente da un uomo di colore (Terry Carter) che la pedina costantemente. Barbara decide di emanciparsi e avere un’avventura con l’uomo, per ritornare pienamente appagata dal marito.


Commento:

Dopo il noir psichedelico Col cuore in gola (1967), Tinto Brass – quando ancora non era un regista hard da quattro soldi – approfondì ulteriormente l’atmosfera hippie della Swingin’ London confezionando questo piccolo gioiellino dal titolo nEROSubianco. Fin dal titolo ovviamente si capisce che l’elemento erotico c’è (come d’altra parte c’era nel precedente, grazie alla presenza della bellissima protagonista Eva Aulin), ma c’è anche molto altro. nEROSubianco è infatti una commistione tra immagini pop direttamente dalla fine degli anni sessanta, musica psichedelica (in quel periodo a Londra vi era la scena rinomatissima dell’UFO Club), analisi psicosessuale (più Wilhelm Reich che Freud) e controcultura (critica al conformismo, alla scienza e alla guerra). Certo la visione al giorno d’oggi potrebbe risultare un po’ stucchevole, ma è innegabile che Brass al montaggio fosse un genio vero e proprio: questa sua pellicola è per molti versi paragonabile a quanto un certo Russ Meyer stava facendo in quel periodo oltreoceano.

Nella prima parte del film il regista ci introduce la protagonista Barbara, interpretata dalla rossa Anita Sanders, svelandoci la sua psicologia disturbata e la sua sessualità repressa. Dopo aver piantato in asso il fidanzato, un Paolo Segurini che sembra una sagoma di cartone, Barbara si avventura per i parchi e le vie di Londra, mentre il suo sguardo capta continuamente scene di amore sesso e nudità e la sua mente dà vita ad un turbine inesauribile di immagini e fantasie. A dare ritmo al mosaico pop creato da Brass ci pensa la musica dei Freedom, una band di blues psichedelico inglese che proprio con i pezzi composti per questa colonna sonora pubblicherà il suo primo album, chiamato appunto Black on White. Barbara, pedinata da un uomo di colore evidentemente interessato a “conoscerla”, inconsciamente lo respinge, ma nel frattempo le sue fantasie sessuali galoppano. Nella seconda parte la mente di Barbara si sofferma su altre immagini, quali la sua vita coniugale segnata dall’incomunicabilità, le sedute psichiatriche a cui si sottopone, la violenza nel mondo (Brass alterna immagini fortissime dell’Olocausto e della guerra in Vietnam con filmati di macellazione bovina) e la tracotanza della scienza che tutto pretende di spiegare (persino il sesso che – in quanto bisogno fisiologico – sarebbe “inutile”).

Brass approfitta della location anche per alternare riprese di figli dei fiori a riprese di lord inglesi in bombetta (che in una scena quasi linciano il povero pedinatore che ha l’unica colpa di essere nero); inoltre usa una fotografia un po’ sfocata per meglio rappresentare l’atmosfera sognante in cui Barbara è immersa, usa talvolta il negativo fotografico e alterna immagini in modo completamente arbitrario (tra cui anche una breve scene di Un Chien Andalou di  Luis Buñuel e Salvador Dalí, del 1929) alla velocità della luce, per creare nella mente dello spettatore un caleidoscopio di figure colorate. Nella parte conclusiva, dopo l’ennesima riflessione sul sesso nella società occidentale contemporanea (proibito, mercificato, standardizzato) e sul marito (simile ad un automa e privo di ogni fantasia a letto), finalmente Barbara accetta la sua attrazione per lo sconosciuto pedinatore e, persa ogni inibizione, gli si concede. Una curiosità: Tinto Brass compare nel film in un cammeo, nei panni del ginecologo (a proposito del quale Barbara pensa “Ce l’ha la faccia del maniaco“).


Video:

Trailer del film.


Valutazione: 75/100


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