“Terrore nello Spazio” (1965)


Dopo aver contribuito alla realizzazione del primo film horror in Italia (I Vampiri, 1957) e aver fondato il genere thriller (La ragazza che sapeva troppo, 1963) e giallos italiano (Sei donne per l’assassino, 1964), il regista sanremese Mario Bava si concesse anche il lusso di realizzare uno dei primi (e dei pochi) film fantascientifici italiani, nonché forse l’unico, vero, piccolo cult del genere per quanto riguarda le produzioni della nostra penisola. Dichiaratamente influenzato dai classici The Thing from Another Planet (Christian Nyby, 1951) e, soprattutto, Invasion of the Body Snatchers (Don Siegel, 1956), realizzò infatti Terrore nello Spazio, conosciuto all’estero principalmente con il bizzarro titolo Planet of the Vampires.


In un futuro ipotetico, le astronavi gemelle Argos e Galliot vengono attratte misteriosamente da un pianeta sconosciuto. Durante l’atterraggio molti membri dei due equipaggi perdono i sensi a causa dell’elevatissima gravità e in preda ad un’inspiegabile pazzia iniziano a combattere tra di loro; solo il comandante della Argos riesce a mantenere il controllo di sé e fa rinsavire tutti i membri del suo equipaggio. Una volta atterrati sul pianeta, i membri della Argos trovano l’astronave gemella della Galliot distrutta, e al suo interno i membri del suo equipaggio morti, con alcune ferite che dimostrano come abbiano lottato tra di loro prima di spirare.

Sepolti dai compagni della Argos, essi tornano misteriosamente in vita, posseduti da forze invisibili che risiedono nel pianeta stesso, e che successivamente si rivelano essere creature invisibili appartenenti ad un diverso piano dimensionali, i quali sono intellegibili solo attraverso degli strani suoni che emanano o tramite delle luci intermittenti che emettono. Si scopre che gli esseri che abitano il pianeta sono in grado, attraverso il controllo della mente, di impossessarsi dei corpi umani (similmente agli ultracorpi di Don Siegel quando essi non sono in grado di agire di propria volontà – ad esempio mentre dormono); il motivo per cui cercano dei corpi di cui impossessarsi è semplice: vivono su un pianeta morente da centinaia di anni e cercano perciò degli “involucri” mediante i quali abbandonarlo e ricreare la propria razza su un’altro pianeta.

La battaglia tra umani e alieni continua e vede persino il comandante dell’equipaggio della Argos costretto ad uccidere il corpo del fratello, ormai dilaniato dalle ferite (ed infatti corporalmente morto) ma in realtà posseduto dallo spirito alieno (una specie di zombie alieno, se così si può dire). Alla fine solo tre degli umani riescono a sopravvivere. Saliti sull’astronave Argos per fare ritorno al pianeta natio, uno dei tre scopre che gli altri due sopravvissuti (il comandante e una donna dell’equipaggio) sono anch’essi in realtà posseduti dalle creature aliene, e perciò viene ucciso da essi.

Il finale a sorpresa mostra come, i due superstiti posseduti dagli alieni, siano costretti ad un atterraggio d’emergenza sul primo pianeta che scorgono, essendosi distrutto durante la battaglia il “deviatore di meteore”; i due superstiti affermano che un atterraggio sul loro pianeta natio (degli astronauti) è impossibile, in quanto il loro pianeta d’origine è troppo lontano, ma sullo schermo appare un altro pianeta, che viene definito “ospitale sebbene molto arretrato come tecnologia”: lo spettatore a sorpresa vede che il pianeta in questione è proprio la Terra, e capisce dunque solo alla fine che la Argos e la Galliot erano a loro volta due astronavi aliene, e non terrestri come invece Bava portava lo spettatore a pensare praticamente per tutta la durata del film.

E’ interessante come il film abbia una duplice natura. La prima, ingenua e citazionista, legata indissolubilmente alla letteratura e al neonato cinema di fantascienza (si pensi al viaggio spaziale delle astronavi, alla realizzazione delle astronavi con mille marchingegni e pulsanti, alle uniformi in latex con tanto di gradi dei membri dell’equipaggio). La seconda, innovativa e avanti rispetto ai tempi di produzione del film (si pensi altresì alle luci psichedeliche Bava “inventa” per mostrare l’apparizione delle creature intellegibili aliene, o ai notevoli scenari che ci mostrano com’è fatto il pianeta su cui l’astronave atterra, nonché all’atterraggio medesimo con tanto di polverone sollevato dall’impatto).

Anche gli effetti speciali sono migliori delle aspettative che si posso avere leggendo la data di produzione del film, in particolar modo il make up degli zombie-alieni (che rivela lo spiccato gusto del macabro del maestro Bava). Segnatamente, ci sono soprattutto due scene spiccatamente horror da ricordare: la prima, quando una donna dell’equipaggio, chiudendo l’anta di un armadietto precedentemente aperto, si trova faccia a faccia con uno zombie-alieno che si apprestava a mandare a seppellire (trucchetto poi abusato nel cinema horror soprattutto degli anni più recenti); la seconda, quando uno zombie-alieno, aprendosi inavvertitamente l’uniforme, rivela la sua vera natura mostrando un torace maciullato dalle ferite e coperto da sangue coagulato.

Certo, non tutto in Terrore nello Spazio è perfetto. Per esempio, non si capisce in quale modo gli abitanti del pianeta alieno siano riusciti a sopravvivere alla morte fisica abbandonando i loro cadaveri in putrefazione (realizzati comunque in modo pregevole) per poi “emigrare” in una differente piano dimensionale ed acquisire poteri di controllo della mente verso altre creature. Inoltre, essendo il film innegabilmente datato, risulta qua e là un po’ lento e difficile da digerire, specialmente per coloro che la fantascienza non la masticano come il pane. Ma a parte ciò, non si può negare che Terrore nello Spazio rimane un bel titolo sci-fi – se non il migliore – nel panorama italiano, grazie ad una trama accattivante (sebbene non troppo originale), un’atmosfera spettrale, un aspetto visivo notevole e una colonna sonora adeguatissima alla vicenda.

Video:

Trailer del film.

Valutazione: 7.3

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