“La Bête” (1975)


“L’ho incontrata e combattuta.”

La Bête (conosciuto in Italia con il titolo La Bestia) è un film del 1975 diretto dal regista polacco Walerian Borowczyk, ispirato alla leggenda popolare francese della Bestia del Gévaudan.


Trama:

Il marchese Pierre de L’Espérance (Guy Tréjan) e il duca Rammondelo de Balo (Marcel Dalio) discutono del futuro prossimo del non più giovanissimo Mathurin (Pierre Benedetti). Il marchese, suo padre, essendo sull’orlo del tracollo economico, vuole che il figlio sposi la ricca ereditiera inglese Lucy Broadhurst. Il duca, suo zio, si oppone al matrimonio, poiché sulla famiglia incomberebbe una maledizione in conseguenza della quale il rampollo, non battezzato, morirebbe nell’atto di prendere moglie. Per convincere il parente, il marchese è costretto a ricorrere alle minacce:  dimostra di essere a conoscenza dell’uxoricidio di cui il duca si è reso colpevole. Il duca allora si decide a telefonare a Roma al fratello, il cardinale Giuseppe de Balo, per invitarlo a celebrare le nozze.

Mathurin viene sbrigativamente battezzato, sbarbato e reso più presentabile per l’incombente appuntamento. Dopo poco Lucy (Lisbeth Hummel) fa il loro arrivo alla tenuta, accompagnata dalla zia. Ad accogliere le due nobili inglesi all’interno del castello si presenta il duca de Balo, che intrattiene le ospiti mostrando loro il famoso erbario di Romilda de L’Espérance, antenata della dinastia, nel quale quest’ultima, a margine di un’incisione, ha lasciato un misterioso disegno raffigurante una belva accompagnata dalla frase, da lei scritta, “L’ho incontrata e l’ho combattuta”. Nel frattempo arriva anche il marchese, il quale, dopo i convenevoli di rito, fa condurre le due donne nelle loro stanze, perché si preparino per la cena.

Riunitisi a tavola, Mathurin è improvvisamente colto da un irrefrenabile raptus ed inizia a sragionare: la cena si interrompe bruscamente ed ognuno si ritira nella propria camera per coricarsi. Nella sua stanza Lucy, in abiti succinti, si sdraia sul proprio letto ed inizia a sognare di Romilda (Sirpa Lane): questa, mentre sta suonando il suo clavicembalo, è improvvisamente colpita da alcuni poderosi ruggiti, provenienti dal fitto del bosco. La giovane nobildonna si introduce nella selva e rinviene la carcassa di un agnellino. Il sogno si interrompe momentaneamente. Intanto, mentre tutti dormono, il duca de Balo telefona al fratello cardinale, riuscendo finalmente a parlargli, per convincerlo a non presentarsi per le nozze del nipote. Il marchese de L’ Espérance sente la conversazione e decide di sbarazzarsi del duca sgozzandolo con un rasoio.

La sequenza del sogno di Lucy riprende: Romilda, inquietata dalla vista dell’animale squartato, inizia a fuggire di fronte ad un incontro ancor più terrificante, quello con la Bestia infuriata. Dopo un inseguimento, la giovane riesce apparentemente a far perdere le proprie tracce alla Bestia, la quale, anche a causa della nudità sempre più esibita da parte della nobildonna da infuriata diviene via via sempre più eccitata. A questo punto la sequenza si interrompe di nuovo: Lucy, svegliatasi e a sua volta eccitatasi per il sogno, inizia a masturbarsi con una rosa regalatale da Mathurin. Quando, soddisfatta, la promessa sposa si volge di nuovo alle sue fantasie oniriche, Romilda si trova intrappolata tra le zampe della Bestia: dopo alcuni vani sforzi per divincolarsi, la nobildonna, non senza un evidente compiacimento, lascia che la creatura sfoghi tutta la sua carica sessuale: il mostro è portato così allo stremo delle forze e quindi alla morte.

Lucy, di nuovo sveglia, si introduce nella stanza di Mathurin e scopre che questi è morto. Sentendo le sue urla, il marchese ed altri accorrono: il corpo dell’uomo viene trasportato nel salone. Qui Virginia Broadhurst inizia ad accanirsi su di esso, strappandone gli abiti e rivelando infine il segreto della casa de L’Espérance: Romilda dopo l’incontro con la Bestia ha procreato Mathurin, il quale è discendente della Bestia e ne porta con tutta evidenza i segni (una strana peluria sul corpo e una coda). La pellicola si conclude con l’arrivo del cardinale de Balo, che di fronte al cadavere del nipote disserta sul peccato della bestialità, con il suicidio del marchese, il cui segreto è scoperto, e con la fuga di Lucy, che in automobile, tra le braccia della zia, può terminare il sogno e assistere al ritorno di Romilda al castello.


Commento:

La Bête nacque come corto da essere inserito nei Contes immoraux (Racconti Immorali, 1974); il suo titolo doveva essere La véritable histoire de la bête de Gevaudin; il riferimento va ovviamente alla leggenda della bestia del Gévaudan, un’essere bestiale di provenienza e natura sconosciuta (i più lo descrivono come un enorme canide con la testa sproporzionata) che in pochi anni nel Settecento massacrò oltre cento persone nelle campagne francesi. Per decisione del regista, il geniale polacco Walerian Borowczyk, La Bête divenne poi un lungometraggio a se stante, e questo – possiamo sentenziare oggi – è stata una vera fortuna, visto che si tratta probabilmente del capolavoro erotico del regista.

Nel film Walerian Borowczyk punta il suo interesse verso un erotismo selvaggio, bestiale e al tempo stesso gioioso, vigoroso e in un certo senso puro, naturale. Il film inizia non a caso con una ripresa che mostra allo spettatore un cavallo da monta nell’atto di copulare con una giumenta: il fallo teso e nervoso del primo e la vulva pulsante della seconda denotano subito che il regista intende soffermarsi anche su dettagli di questo genere (che fecero gridare molti critici allo scandalo) per dotare il suo lavoro di una forza visiva maggiore. L’accoppiamento tra i due equini verrà mostrato altre volte nel film e lo spettatore non potrà fare a meno di notare l’interesse morboso di Mathurin, uno dei personaggi principali, verso di esso.

Il sesso comunque, anche se messo spesso in scena con un taglio pornografico (membri – veri o fittizi – mostrati chiaramente, eiaculazioni ripetute, masturbazioni femminili), è pervaso da una vis artistica sicuramente superiore rispetto alla volgarità dell’immagine in sé. Walerian Borowczyk intende con La Bête realizzare un inno alla sessualità e al sesso, anche a quello più spinto e selvaggio, forse proprio per questo privo di quella dimensione artificiale che stava caratterizzando in quegli anni il boom della pornografia. Così le scene più famose del film (vale a dire la visione della protagonista Lucy, che assiste all’incontro tra Romilda e la Bestia) rappresentano sì in modo assai poco velato rapporti sessuali bestiali e violenti, ma al tempo stesso il lavoro certosino del regista alla fotografia, all’uso della mpd, alle musiche deliziosamente barocche conferiscono alle sequenze un innegabile valore artistico di preminente rilevanza.

Anche la scena in cui Lucy, poco dopo aver assistito oniricamente all’accoppiamento tra Romilda e la Bestia, si masturba con una rosa regalatale dal fidanzato Mathurin, nonostante il suo forte impatto erotico – quasi pornografico – viene elevata ad arte grazie alle scelte del regista, che si sofferma a lungo su determinati particolari, sul primo piano del volto della ragazza, sulla rosa rossa e così via. In contrapposizione a questo esaltazione della sessualità e del sesso per così dire naturale/bestiale, c’è una critica arguta ad un modo di pensare (quello cosiddetto benpensante) del quale molti personaggi del film sono vittime inconsapevoli: i familiari di Mathurin che lo vogliono costringere ad un matrimonio senza amore e che arrivano ad uccidersi bestialmente tra loro per interesse economico, ma anche le figure ecclesiastiche che presentano tratti di ambiguità al limite della pedofilia. Sotto questo punto di vista è da sottolineare come il discorso finale del cardinale Giuseppe de Balo non solo sembra pomposo, ma addirittura fuori luogo e imbarazzante per il tono e la terminologia con cui è sortito.

Se ce ne fosse ulteriormente bisogno, per capire il senso di La Bête basterebbe anche solo riportare le parole dello stesso Borowczyk, che in un’intervista disse “L’erotismo, il sesso, è una delle parti più naturali della vita. L’erotismo non uccide, non stermina, non incoraggia al male, non porta al crimine. Al contrario: rende la gente più gentile, porta gioia, dà appagamento, porta ad un piacere non egoistico“. Con questo film, Boro crea un manifesto della liberazione sessuale tanto agognata in quegli anni, elevandosi così a profeta della controcultura giovanile, non senza qualche strizzata d’occhio al movimento femminista (nell’ottica del regista la masturbazione femminile è un mezzo per emanciparsi, così come è evidente l’importanza del fatto che Romilda annienta la Bestia uccidendola di orgasmi e della “storia nella storia” che vede la figlia del duca spassarsela con il maggiordomo nero di famiglia).

Certo La Bête non è un film per tutti: da un parte la grandissima carica erotica della pellicola – come detto al limite con la pornografia – e dall’altra uno svolgimento tutto sommato lento della trama, che si innalza repentinamente solo nelle scene oniriche/erotiche possono minare l’attenzione di molti spettatori poco disposti a pazientare il dispiegarsi del film, che avviene in modo netto solo nella seconda parte della pellicola. Ma per chi saprà aspettare e leggere il film sotto la giusta ottica, La Bête sarà una visione sconvolgente nella sua vis erotica, in grado di scioccare, eccitare e far riflettere nello stesso momento.


Video:
Una delle sequenze cult del film.


Valutazione: 82/100


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3 commenti

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3 risposte a ““La Bête” (1975)

  1. Questo film l’ho cercato per mesi, invano..

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