“The Holy Mountain” (1973)


Ora voi siete un cuore vuoto, pronto a ricevere la vostra vera essenza, la vostra perfezione, il vostro nuovo corpo che è l’Universo, l’opera di Dio. Voi rinascerete, sarete reali. Sarete vostro padre, vostra madre, vostro figlio, la vostra perfezione. Aprite gli occhi. Siete la terra, siete il verde, siete l’azzurro, siete gli altri! Siete l’essenza.

The Holy Mountain (conosciuto nei paesi latini come La Montaña Sagrada e in Italia con il titolo di La Montagna Sacra) è un film del 1973 di Alejandro Jodorowsky. Di produzione messicana/americana, è il suo terzo film, successivo a Fando y Lis (1968) e El Topo (1969). Capolavoro assoluto dell’opera jodorowskiana nonché apice del suo eclettismo visivo, The Holy Mountain è una pellicola sperimentale, surrealista e dissacrante del mondo moderno, presentando forti connotazioni anticapitaliste e anticlericali.


Trama:

Un alchimista (Alejandro Jodorowsky) prende due donne, le denuda completamente e le rasa. (Titoli di testa.) Un ladro (Horacio Salinas) dalle fattezze simili a Gesù Cristo viene trovato stordito a terra da un gruppo di bambini nudi, che lo crocifiggono e lo sottopongono ad una lapidazione. Svegliatosi improvvisamente , il ladro scende dalla croce e li mette in fuga; rimane sul luogo solo un freak senza arti che, offrendogli uno spinello, diventa suo amico.

I due arrivano in una città, dove sono in atto le peggiori barbarie dell’umanità: una moltitudine di persone sfila per le strade trasportando dei cani spellati e crocifissi, mentre le milizie militari fucilano alcuni manifestanti. Alcuni giornalisti curiosi fotografano l’eccidio ed una di loro, afferrata da un soldato, viene stuprata mentre il suo partner seguita a fotografare la scena. Il ladro e il freak partecipano poi ad uno spettacolo in cui viene messa in scena la colonizzazione del Messico da parte dei conquistadores spagnoli; i primi sono rappresentati da una moltitudine di iguane debitamente addobbate secondo il gusto atzeco, i secondi da uno stuolo di rane con la bandiera crociata sul dorso. Alla fine, dopo aver fatto scendere litri di sangue dalle piramidi messicane, alcune violente esplosioni uccidono tutti gli animali.

Continuando l’esplorazione della città, il ladro viene adocchiato da una Madonna baffuta e da tre gladiatori che lo costringono a portare una grossa croce e a bere alcool. Quando il ladro sfinito crolla dal sonno, questi ricavano dal suo corpo un calco ed al risveglio il ladro si ritrova circondato da figure con le sue sembianze (e quindi con le sembianze di Cristo); arrabbiato, distrugge tutte le sagome tranne una (che prende con sé) e uccide la Madonna e i gladiatori. Camminando incontra prima un gruppo di bambine prostitute, poi alcuni soldati che ballano in una chiesa ormai in rovina. Qui, in un letto nella sagrestia vicino ad una Bibbia piena di vermi, trova un vescovo abbracciato ad una statua di Cristo crocifisso. Cacciato dal prelato, il ladro mangia il volto della sagoma di Cristo, che poi lancia in cielo legandola a testa in giù a dei palloncini.

Il ladro giunge poi al mercato della città. In mezzo alla piazza c’è un’altissima torre rossa; da questa pende un gancio dorato. Il ladro, anticipando tutti, vi si aggrappa ed inizia a scalare la torre. Giunto alla sua estremità squarcia un velo bianco e si trova all’interno di una stanza le cui pareti sono dipinte con i colori dell’arcobaleno. Lo attende un alchimista e la sua schiava nera. Il ladro lo affronta in modo violento, ma l’alchimista lo paralizza e la schiava nera incide un bubbone sul collo del ladro da cui fuoriesce un liquido blu e da cui estrae una bestia del medesimo colore.

Dopo aver fatto il bagno in una fontana ottagonale, al ladro viene ordinato di defecare. Rinchiuso in una boccia di vetro, è poi costretto ad inalare l’effluvio delle sue feci; il suo sudore viene estratto dall’alchimista che, annaffiando con esso gli escrementi, li trasforma in oro. Condotto in una sala di specchi, il ladro rompe poi con l’aiuto dell’alchimista una roccia triangolare, nella quale è contenuta una sfera trasparente. In una successiva sala l’adepto viene edotto dal maestro alla lettura dei tarocchi.

L’alchimista conduce poi il ladro in una stanza alle cui pareti vi sono appese le sette sagome dei sette uomini più potenti del mondo, tutti rappresentanti un pianeta. Essi rappresentano la Bellezza, la Guerra, l’Arte, il Controllo della Mente dei bambini, la Famiglia, la Polizia e l’Architettura. Il maestro li presenta tutti all’adepto e mette in risalto come la loro forza derivi dall’abuso di potere, dalla violenza, dal controllo della mente e dalla sottomissione sessuale.

Riunitosi in un’altra stanza con questi sette potenti, l’alchimista dice ad essi, alla sua schiava e al ladro che in tutte le religioni esiste una Montagna Sacra; solo nove Illuminati, dice, sono riusciti a scalarla e a raggiungere la sua cima, diventando così Immortali. I potenti riuniti in quella stanza sono orgogliosi della loro importanza ma sono tuttavia consci della propria limitatezza e mortalità. L’alchimista afferma che solo raggiungendo la cima della Montagna Sacra attraverso un lungo e faticoso periodo di apprendimento essi potranno prendere il posto dei nove Immortali.

Dopo essersi seduti ad un tavolo a forma d’occhio con al centro un fuoco, l’alchimista ordina ai potenti di bruciare tutti i loro averi: è questo il primo passo verso la conoscenza mistica, che consiste nel togliere totalmente importanza alla materia. Continuando lo stesso percorso, l’alchimista ordina a tutti i suoi adepti, compreso il ladro, di bruciare le loro sagome. Essi obbediscono.

L’alchimista, la sua schiava, il ladro e i sette potenti giungono in un luogo sacro in Messico: qui bevono una pozione psichedelica ed imparano a conoscere la bellezza e la potenza della Natura, dei suoi fiori e dei suoi animali. Uno dei potenti muore, agli altri viene edotto dal maestro il mistero della morte: al termine del rituale, i sopravvissuti si sentono come un’unica forza, un gruppo di spiriti coesi. Giunti al porto, salgono tutti su una barca. Durante la traversata il maestro ordina al ladro di espellere il mostro che c’è nella sua mente: questi afferra il freak che aveva conosciuto e lo getta in mare.

Giunti nuovamente sulla terraferma, l’alchimista si rasa i capelli e ordina agli adepti di fare altrettanto. Proseguendo incontrano un personaggio che li conduce presso un locale dove pare che la gente abbia trovato la conoscenza, chi tramite la magia, chi con la forza, chi attraverso l’uso di droghe allucinogene. L’alchimista rifugge tale tipo di conoscenza e prosegue il viaggio con i suoi adepti. Essi sono seguiti da una ragazza (una delle prostitute che aveva conosciuto il ladro in una delle prime scene del film) che tiene per mano una scimmia.

Scalando sempre più la montagna gli adepti devono combattere le proprie ossessioni, che riguardano puntualmente il denaro, la violenza, la morte, la sessualità; in ogni incubo compare un animale, a simboleggiare le paure e i vizi dell’umanità. L’alchimista dice ai suoi adepti che la cima è prossima e che adesso possono fare a meno di lui, quindi ordina al ladro di decapitarlo: questi ubbidisce, ma come per magia uccide un agnello al posto del maestro. L’alchimista ordina poi al ladro di tornare indietro con la ragazza che l’ha seguito, di raggiungere l’Eternità attraverso l’Amore.

L’alchimista conduce gli altri sulla vetta della montagna, dove ad un tavolo sono seduti i nove Illuminati. Ma essi in realtà si rivelano essere semplicemente dei manichini, e a questo punto l’alchimista svela il segreto di tutto: questa non è la realtà ma un film, una proiezione cinematografica. Così quello che stiamo vedendo sono solo delle immagini, dei simulacri, e da essi noi dobbiamo fuggire per conoscere la Vita vera, per conoscere la Realtà. Sempre che poi una realtà esista davvero, aggiunge alla fine.


Commento:

The Holy Mountain è uno dei film più sperimentali, più dissacranti, più spiazzanti, più trasgressivi che la storia del cinema abbia mai avuto l’onore di conoscere. Alejandro Jodorowsky, geniale ed eclettico personaggio che oltre che regista fu anche occultista sciamano e una miriade d’altre cose, raggiunge con tale film l’apice della sua poetica delirante, che unisce elementi di misticismo, di surrealismo e di critica sociale e politica.

Il film si può idealmente dividere in tre momenti. Durante la prima parte, la più scioccante e dissacrante del film, ci viene mostrato, tramite il viaggio del protagonista in una anonima città del sudamerica, il cammino storico dell’umanità e lo stato attuale del mondo, devastato dalla guerra, dalla colonizzazione, dal capitalismo, dallo sfruttamento dei minori, dalla prostituzione, dalla violenza e dalla decadenza della Chiesa. Il protagonista, che curiosamente ha le fattezze di Gesù Cristo, rifiuta tutto questo e sale su un’altissima torre rossa, desideroso di apprendere uno stato più alto di conoscenza.

Una volta che il ladro è giunto in cima alla torre, inizia la seconda parte del film. Qui egli incontra un alchimista che elimina la sua componente bestiale (l’animale che gli viene estratto dal bubbone dietro al collo), gli insegna che può ottenere una ricchezza da se stesso (l’escremento che viene trasformato in oro) e gli trasmette i primi fondamenti della conoscenza. Poi gli presenta sette figure che coincidono con le istituzioni più potenti del mondo. Questa è la parte visivamente più eccelsa dell’opera.

Nella terza parte del film, l’alchimista conduce i suoi adepti durante il percorso vero e proprio verso la conoscenza, rappresentata dalla Montagna Sacra. Durante questo viaggio, il gruppo avrà modo di intraprendere esperienze di vita e di morte, di conoscere la forza della Natura e di combattere i propri incubi. Fino al momento in cui, una volta raggiunta la cima, l’alchimista svela l’inganno di tutto, che consiste nel fatto che la realtà è fatta di immagini, e solo cercando una realtà diversa da quella delle immagini l’adepto potrà trovare una vita nuova, più vera. Questo è il segmento più concettuale dell’opera.

Volendo subito centrare il punto, iniziamo col dire che il genio di Jodorowsky si concreta in particolar modo nello spiazzante finale, che a prima vista rimescola tutte le carte in gioco e coglie di sasso lo spettatore. In realtà il regista con un finale del genere non fa altro che riassumere, formulando la massima in modo formalmente diverso, lo stesso concetto che ha portato avanti in tutto il film: la realtà è fatta di immagini e di simulacri; sta all’Illuminato cercare una vita alternativa fondata su altri valori meno materiali e raggiungere la conoscenza tramite un’analisi dell’empirico oltre che del tangibile, degli altri e della natura oltre che di se stessi.

Tutto il resto del film è un’allegoria delirante e mistica. Il primo segmento (nonché parte del secondo, segnatamente la presentazione dei sette potenti) mostra lo stato odierno del mondo, ridotto ad un inferno terreno dal capitalismo, dalla guerra, dalla decadenza della Chiesa e via dicendo. Senza dubbio Jodorowsky in questo film è stato influenzato dalla miseria in cui versava negli anni settanta l’america latina (lui stesso ricordiamo è cileno), abbattuta dalle dittature e dal capitalismo del nordamerica. Lo spettatore avrà modo di assistere ad immagini a dir poco scioccanti: lapidazioni, fucilazioni, stupri, cani spellati e crocifissi, vescovi a letto con sagome di Cristo, Madonne baffute, prostitute bambine, soldati che danzano in una chiesa abbandonata e via dicendo.

Nella seconda parte del film Jodorowsky punta la sua attenzione sul misticismo e sull’occultismo. Lui stesso interpreta l’alchimista, uno dei due personaggi principali del film, che insegna al ladro suo novello adepto i segreti dell’arte mistica (annientamento del pregiudizio, superamento del materialismo, insegnamento dei tarocchi e via dicendo). Il regista propone allo spettatore una vera e propria iniziazione, confidando che anche lo spettatore stesso si immerga a sua volta nella cerimonia empatizzando con il protagonista.

Il viaggio vero e proprio con il quale l’alchimista conduce i suoi adepti alla Verità è poi in tutto e per tutto simile ad un trip allucinogeno: lo stesso maestro sottopone gli adepti ad un rituale psichedelico durante il quale essi vengono costretti a bere una pozione (d’altra parte proprio in Messico esistono decide di tribù indigene che conservano gelosamente ricette segrete di pozioni psichedeliche dagli effetti miracolosi). Spettacolari, concettualmente ancora più che visivamente, le pratiche mistiche a cui l’alchimista sottopone i suoi adepti: la morte del corpo materiale, l’unione spirituale con la natura, la lotta ed il superamento dei propri incubi.

E’ pressoché impossibile riuscire a spiegare con una recensione tutta la potenza visiva e concettuale di un film come The Holy Mountain, così come è impensabile di poter elencare ogni sensazione che la pellicola trasmette o tutte le allegorie che Jodorowsky propone allo spettatore. Il consiglio migliore per lo spettatore è quello di immergersi totalmente nella visione di questo capolavoro, tenendo però a mente che The Holy Mountain è quanto di più lontano ci sia da una pellicola ordinaria. Probabilmente non tutti lo ameranno, forse nessuno riuscirà a capirlo a fondo, ma sta di fatto che questo è uno dei pochi film per cui la definizione di arte – a mio parere – va addirittura stretta, considerandolo una vera e propria esperienza di vita.


Video:
Trailer del film.


Valutazione: 94/100


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1 Commento

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Una risposta a ““The Holy Mountain” (1973)

  1. alchimista

    Appena finito di vedere.
    Avevo intenzione di dargli un occhiata per curiosità e poi passare ad altro, bollandolo come b-movie, e invece sono rimasto sbalordito per un’ora e cinquanta minuti.
    Ottima recensione!

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