“Tenebre” (1982)


“L’impulso era diventato irresistibile. C’era una sola risposta alla furia che lo torturava. E così commise il suo primo assassinio. Aveva infranto il più profondo tabù e non si sentiva colpevole né provava ansia o paura, ma libertà. Ogni ostacolo umano, ogni umiliazione che gli sbarrava la strada, poteva essere spazzato via da questo semplice atto di annientamento: l’OMICIDIO.”

Tenebre (conosciuto all’estero come Tenebrae) è un film del 1982 diretto da Dario Argento, che segna il suo ritorno al giallo-thriller all’italiana (il suo ultimo lavoro del genere era stato Profondo rosso), momentaneamente accantonato negli anni precedenti a favore dell’horror (Suspiria nel 1977, Inferno nel 1980). E’ generalmente considerato dalla critica come l’ultimo film di un certo rilievo del filone giallo italiano, insieme aLo squartatore di New York di Lucio Fulci, dello stesso anno.


Trama:

Peter Neal (Anthony Franciosa), scrittore americano di gialli, giunge a Roma su richiesta del suo agente, Bullmer, (John Saxon) per la promozione della sua ultima fatica letteraria: Tenebrae; con lui c’è anche la sua assistente nonché sua amante, Ann (Daria Nicolodi). Ma fin dal suo arrivo a Roma, egli riceve delle inquietanti telefonate di un folle che minaccia di compiere delitti seguendo le modalità descritte dallo scrittore stesso nel suo nuovo romanzo. E infatti gli omicidi non tardano ad arrivare: vengono uccise infatti tre donne, una ladra e due lesbiche. Ad essi segue l’invio di una lettera gialla contenente dei messaggi diretti a Neal scritti con delle lettere ricavate dalle pagine dei quotidiani. Intervistato dal giornalista Cristiano Berti (John Steiner) sulla morale comune e su concetti sconfinanti nella patologia psichiatrica, Neal sosperra che proprio Berti, un paranoico ossessionato dalle donne, possa essere potenzialmente il sadico assassino.

La giovane e sfortunata Maria (Lara Wendel), introdottasi casualmente nella villa di quest’ultimo per fuggire ad un dobermann, troverà in cantina le fotografie che ritraggono i corpi mutilati delle vittime (fatto che dimostra che l’assassino è affetto una sorta di feticismo morboso) ma viene subito scoperta dal maniaco che la eliminerà a colpi di rasoio. Qualche giorno dopo Neal e Gianni – il ragazzo che gli fa da guida nella capitale (Christian Borromeo) – organizzano una perlustrazione della villa di Berti, dal momento che Neal è sempre più convinto che sia lui l’assassino. Una volta giunti alla villa, poco dopo essersi divisi, succede però un fatto imprevisto: Gianni assiste all’omicidio del giornalista per mano di un misterioso assassino munito di una scure. Successivamente Gianni torna alla villa di Berti: si ricorderà del labiale di Berti (che ammetteva di essere l’assassino delle donne uccise) ma non avrà il tempo di riferirlo a nessuno, poiché finirà strangolato nella sua autovettura.

Quando il detective Germani (Giuliano Gemma), che indaga sul serial killer, viene a conoscenza di una tresca in corso tra l’ex fidanzata di Neal Jane (Veronica Lario) e l’agente letterario del medesimo Bullmer crede che l’assassino possa essere proprio quest’ultimo; non passa molto però ed anche lui viene eliminato dal vero omicida. Verrà uccisa anche Jane, che aveva telefonato ad Ann fissandole un appuntamento. Quando Germani si recherà a casa di Jane con Ann e la sua assistente, prima assisterà impotente all’uccisione di quest’ultima, poi al suicidio del vero assassino, che incredibilmente si rivela essere Peter Neal. Questi, approfittando della follia e degli omicidi di Berti, aveva prima eliminato il medesimo per poi continuare indisturbato la sua opera allo scopo di uccidere la sua ex e il suo agente, che avevano intrecciato una relazione a sua insaputa.

Germani e la sconvolta Ann lasciano il luogo del delitto e una volta saliti in macchina il detective rivela all’amante dello scrittore che – grazie ad un fax arrivato in questura – ha scoperto che probabilmente Neal uccideva anche a causa di un trauma riportato durante la giovinezza, quando la sua fidanzata di allora (Eva Robins) l’aveva umiliato davanti ad un gruppo di ragazzi calpestandolo con delle scarpette rosse con il tacco. Il detective improvvisamente come colto da un’illuminazione rientra nella casa: scoprirà che il “cadavere” di Neal è scomparso e che il suo suicidio è stato inscenato con un rasoio finto. Improvvisamente l’assassino compare e uccide anche Germani, facendo nel mentre anche cadere accidentalmente una bizzarra scultura di arte contemporanea contro la porta. Spazientita dall’attesa, Ann raggiunge l’ispettore e, aprendo la porta, fa involontariamente cadere la scultura contro lo scrittore, trafiggendolo mortalmente.


Commento:

Tenebre segna il prepotente ritorno al giallo di Dario Argento, divenuto celebre grazie alla “trilogia degli animali” (L’uccello dalle piume di cristallo, Quattro mosche di velluto grigio, il gatto a nove code) e soprattutto al suo capolavoro Profondo rosso. Tuttavia Argento non rinuncia a “sporcare” il suo quinto giallo con elementi tipici dell’horror, genere che aveva trattato con ottimi risultati negli anni precedenti: da rilevare, innanzitutto, l’efferatezza degli omicidi e la grande quantità di sangue versato dalle vittime, elementi che rendono Tenebre indubbiamente il suo film più violento e più splatter. Non a caso Tenebre uscì in Italia con il divieto ai minori di diciotto anni e successivamente – quando fu passato in televisione – fu pesantemente tagliato (soprattutto per quanto riguarda la scena dell’omicidio di Veronica Lario, che diventerà in seguito moglie di Silvio Berlusconi).

Che Argento sia il maestro (o quantomeno uno dei maestri principali) del giallo all’italiana è palese anche durante la visione di questo suo film che cronologicamente non rientra nel periodo considerato dai critici l’apice del regista. Basti pensare all’espediente del duplice omicidio (che comunque era già stato utilizzato precedentemente da altri), alla novità del cosiddetto copycat killer (ovvero dell’assassino che per la realizzazione dei suoi delitti si ispira alle gesta di qualcun altro, in questo caso del killer di un romanzo), al solito “particolare non messo a fuoco” che poi risolve (qui solo in parte) la vicenda (il labiale del giornalista che ammette i suoi crimini).

Per quanto riguarda l’aspetto stilistico del film, ancora una volta Argento – come al suo solito – dedica grandissima attenzione al valore estetico del suo prodotto: curiosamente per Tenebre, a dispetto del titolo, sceglie di ambientare la vicenda in una Roma moderna e soleggiata (si pensi a tutti gli omicidi compiuti in luoghi interni, tutti appartamenti del modernissimo quartiere EUR, e all’omicidio dell’agente in una piazza alla luce del giorno). Ma è bene appuntare che qui, a differenza di altre sue pellicole decisamente sbilanciate a favore dello stile (Suspiria e Inferno su tutte), la sceneggiatura appare abbastanza coerente e mai strampalata (anche se ci sono quei momenti un po’ inverosimili, come l’arrivo della ragazzina nella villa del killer per fuggire ad un dobberman assatanato o la ricezione da parte del detective del fax che fa luce sulla vicenda).

E’ interessante rilevare anche alcuni spunti di carattere maggiormente complesso. L’idea per la realizzazione del film venne ad Argento leggendo un saggio dello scrittore inglese Thomas De Quincey (Murder considered as one of the fine arts); da altri scritti dello stesso scrittore Argento si era ispirato anche per Suspiria e Inferno. E’ molto interessante il fatto che nel film l’assassino si rilevi essere alla fine lo scrittore: Argento sembra asserire che l’artista possa giungere a contaminare la realtà con l’arte della quale è adepto ed esponente, facendo in tal modo della propria vita un’opera d’arte (come diceva Oscar Wilde in The picture of Dorian Gray). Lo stesso Neal in una scena del film suggerisce al detective la lettura di un passo di Conan Doyle, esponendosi in questo modo al rischio di essere scoperto: l’assassino dunque ricerca un plauso per i suoi delitti oltre che per le opere letterarie, preferendo l’incriminazione all’anonimato.

Per quanto riguarda il cast, bisogna innanzitutto menzionare l’americano Anthony Franciosa nella parte dello scrittore Peter Neal: la scelta appare particolarmente felice, soprattutto per via dello sdoppiamento di personalità del personaggio che ci consente di assistere per tutto il film ad un Neal cordiale e sorridente e di sconvolgerci nel finale grazie al suo delirante ghigno (una citazione dell’ultima scena di Psycho?). Per quanto riguarda la componente maschile sono da ricordare anche John Saxon nella parte di un agente letterario troppo attaccato al suo cappello (che ironicamente nel momento della sua morte gli cade dalla testa), John Steiner nel ruolo di un giornalista ultra-moralista frustrato sessualmente e Giuliano Gemma che interpreta un detective più impegnato a leggere i gialli del suo scrittore preferito che a condurre le indagini.

Dal lato femminile invece troviamo innanzitutto la solita Daria Nicolodi, moglie di Argento che ha recitato in molti dei suoi film più noti, poi altre avvenenti donne come Veronica Lario, Mirello D’Angelo, Ania Perioni, Mirella Banti. Da segnalare anche la transgender Eva Robins come protagonista dei flashback del folle assassino (è lei la ragazza uccisa anni prima da Neal) e Lara Wendel come al solito nella parte della ragazzina maliziosa (ricordiamo che l’attrice era diventata nota al pubblico con il controverso Maladolescenza). La componente erotica della pellicola non è elevatissima ma è comunque presente in alcune scene (quella dell’assassinio delle due lesbiche e quella del trauma giovanile dell’assassino, nel quale è facile individuare nell’inserimento del tacco nella bocca del malcapitato un chiaro riferimento fallico).

La fotografia a cura di Luciano Tovoli è come sempre nei film di Argento particolarmente pulita ed artistica; in questo film come già notato si segnalano maggiormente colori chiari come il bianco e l’azzurro, spruzzati spesso e volentieri dal rosso accesso (il sangue negli omicidi, le scarpe col tacco che compaiono nei flashback e che vengono alla fine regalati a Jane). La colonna sonora è affidata al fedele Claudio Simonetti dei Goblin e risulta spesso consona ai dinamismi del film. Concludendo Tenebre, pur non presentando per motivi cronologici la bellissima atmosfera anni settanta dei primi lavori di Argento, rientra di diritto tra i gialli-thriller realizzati dal regista. E’ – come altri film di Argento – un must del thriller italiano e potrebbe piacere anche a qualche spettatore non troppo avvezzo con il genere.


Video:
Trailer del film.


Valutazione: 7.8

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