“Delirio caldo” (1972)


Anche l’eccentrico regista Renato Polselli, che sarebbe poi diventato uno dei maestri del trash italiano con opere erotiche al limite della pornografia (Rivelazioni di uno Psichiatra sul Mondo perverso del Sesso, 1973) volle dire la sua per quanto riguarda il filone del giallo all’italiana; lo fece nel 1972 con Delirio caldo (conosciuto all’estero come Delirium). Il risultato è, neanche a dirsi, bizzarro e decisamente sopra le linee. La fotografia è buona, le musiche sono accattivanti, la prima metà del film riesce anche ad appassionare… peccato che nella seconda parte tutto vada un po’ a farsi benedire e a scadere – tanto per cambiare – nel trash.


Trama:

In un bar un signore (Mickey Hargitay) dà un passaggio ad una ragazza, quindi la porta fuori città e cerca di violentarla; questa reagisce e viene ammazzata. La polizia indaga e chiama a rapporto il signore di cui sopra, che veniamo a sapere sia il dottor Herbert Lyutak, un famoso psichiatra del quale la polizia si avvale spesso e volentieri in casi simili di delitto. C’è anche un testimone che riferisce alla polizia di aver visto il dottor Lyutak uscire dal bar con la vittima ma la polizia preferisce indagare su un bizzarro siciliano chiamato Crocchetta (Tano Cimarosa), il guardiamacchine del locale dove la ragazza era diretta, che alla fine viene comunque rilasciato. Mentre Lyutak è trattenuto dalla polizia avviene un secondo delitto e guarda caso Crocchetta è sul luogo. Crocchetta è di nuovo arrestato e rilasciato.

Intanto Herbert, a causa della sua impotenza, ha un’infelice vita sessuale con la moglie Marzia (Rita Calderoni) che è ancora vergine (!). Quest’ultima fa sogni strani in cui Herbert frusta delle ragazze nude e lei amoreggia con la sorella Laurel e con la domestica Joaquine. Herbert avvisa la polizia che secondo le sue indagini metereopsichiche (sic!) l’assassino tornerà a colpire la sera stessa al parco presso la piscina. Herbert giunge sul luogo pronto a mietere la vittima disegnata ma a sorpresa viene anticipato da qualcun altro che lascia il cadavere di una prostituta. Intanto la poliziotta che era stata incaricata dalla polizia di fare la parte della prostituta per fungere da esca all’assassino raccoglie da terra un coltello che appartiene ad Herbert e poi lo chiama per fissare un incontro e fare chiarezza, ma risponde la moglie Marzia. Poco dopo la poliziotta viene uccisa in casa propria.

Appare ormai chiaro che l’assassino è Marzia, ma a quanto pare lo capirebbero tutti ma non la polizia, che ovviamente brancola nel buio. Intanto Crocchetta riesce a sfuggire all’ennesimo arresto e, introdottosi per caso nelle segrete della casa di Herbert, vede attraverso un buco nella porta qualcuno che droga e violenta Laurel. Sfondata la porta trova Laurel esanime, ma il suo aguzzino è scomparso. Crocchetta sale al piano di sopra e trova l’arma del delitto (il coltello), quindi chiama la polizia. Tuttavia rimane chiuso in casa, si imbatte in Herbert e viene portato via dalla polizia, che fa credere a tutti che sia morto. Alla fine Laurel fugge dalla casa e racconta alla polizia di essere stata assalita da Marzia, che contemporaneamente confessa al marito Herbert di aver ucciso lei le altre due ragazze per scagionarlo; Herbert – anch’egli assassino – vuole dirlo alla polizia ma improvvisamente Joaquine, innamorata di Marzia, lo uccide. Il film si conclude in un delirio trash in cui tutti urlano e si azzuffano e alla fine anche le due donne, nella confusione più totale, muoiono.


Commento:

Delirio caldo è davvero un film bizzarro per il filone del giallo all’italiana. Innanzitutto la prima scena – come da copione – ci mostra già un omicidio, con la novità che stavolta l’assassino ci viene svelato subito. Poi scopriamo che l’assassino è nientepopodimeno che un famoso psichiatra che lavora con la polizia, tanto è vero che quest’ultima non dubita un secondo del suo alibi nonostante abbia sotto il naso la prova della sua colpevolezza! Ma ecco che avvengono altre due delitti che non possono essere attribuiti all’assassinio della prima scena. Intanto, in tutto questo casino, sembra a tratti che sia la moglie Marzia che la polizia come per un lampo d’ingegno capiscano la colpevolezza di Herbert ma per pudore non gliela sbattano in faccia. Non pago, il regista intervalla scene di delitti ed indagini con dialoghi ripetitivi (per usare un eufemismo) tra Herbert e Marzia, ci mostra la sorella di lei che si tocca guardandoli, ci fa vedere i sogni mirabolanti della stessa Marzia e ci rende nota l’impotenza di Herbert.

Sembra quasi che Polselli voglia mettere lo spettatore sopra un ottovolante senza ne capo né coda per disorientarlo, e ciò non è necessariamente un male: per una buona mezz’ora infatti il film regge e la visione, sebbene sconclusionata, dimostra di avere un inaspettato appeal weird. Peccato che poi Polselli annacqui un po’ la narrazione con scene di riempitivo (d’altra parte forse avrebbe dovuto dosare meglio i delitti, visto che accadono tutti e tre nella prima metà del film e a più di mezz’ora dalla fine l’identità dell’assassino-complice è già lampante – e questo è stato il suo primo, grande errore) e la concluda degnamente, secondo la sua maniera, con un orgia trashissima di suoni e violenze varie in cui tutti si accoppano tra di loro perché tutti si amano senza essere corrisposti. Già durante tutta la durata del film si era comunque avuto modo di ascoltare a dialoghi improponibili, di assistere a situazioni esilaranti, ma comunque tenendo conto dell’ottica surreale del film fino a un certo punto Polselli si poteva anche spingere; il problema grave è che il regista si è spinto ben al di là di quella soglia con quella sciagurata scena finale (e questo è stato il suo secondo, grande errore).

Inoltre Polselli compie qua e là altre mancanze: per esempio, manca di approfondire il trauma psico-sessuale del protagonista e il morboso attaccamento nei suoi confronti della moglie Marzia (che non sembra affatto essere più sana del marito). Ma poi ovviamente anche in questo Polselli deve esagerare, inserendo in questa gabbia di matti anche una ninfomane che si tocca pensando al marito della sorella (Laurel) e una domestica che tutt’a un tratto si scopre essere una lesbica indemoniata (Joaquine). Inoltre, come se non bastasse, Polselli monta dal nulla situazioni completamente irreali ed evitabilissime per quanto riguarda la loro utilità all’interno del plot (Herbert che in tutto sto casino ci prova pure con una bambina, Crocchetta che confessa senza versare nemmeno una lacrima che la seconda ragazza ammazzata era la sua fidanzata).

Peccato, perché Delirio caldo sviluppa in maniera anche positiva alcuni cliché del genere (l’omicidio nella vasca da bagno, la sequenza di voyeurismo di un delitto, diverse scene di nudo ben fatte, il trauma psico-sessuale dietro alla mente malata dell’assassino); peccato anche perché Hargitay e la Calderoni ce la mettono tutta per dare uno spessore ai propri personaggi, per non parlare di Cimarosa che è strepitoso nella sua parte. Alla fine quindi Delirio caldo suona come una scommessa persa, perché con qualche accorgimento (e magari sotto la direzione di un regista meno votato al trash) avrebbe anche potuto essere un bel film. Facendo la media tra la prima parte (più che discreta) e la seconda (scarsa con finale pessimo), tirando le somme più di una sufficienza non si può dare a Delirio caldo.



Video:

I primi 2 minuti del film e qualche foto di set (che nella pellicola compare al posto dei titoli di coda).


Valutazione: 6.0

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