“La Polizia chiede Aiuto” (1974)


Massimo Dallamano realizza nel 1975, a tre anni di distanza da Cosa avete fatto a Solange?, il secondo capitolo di un’ideale “trilogia delle studentesse”; trilogia poi conclusa con Enigma Rosso (1978), da lui scritto ma non diretto a causa della sua improvvisa morte in un incidente stradale. Inferiore al primo capitolo ma superiore al conclusivo, La Polizia chiede aiuto (conosciuto in Gran Bretagna e negli Stati Uniti come What have they done to your daughters?) continua logicamente sull’argomento del primo (la prostituzione minorile) cambiando però la vicenda e la location: non si può considerare quindi un sequel di Cosa avete fatto a Solange?. Per la tematica trattata, il film può essere affiancato a Chi l’ha vista morire? (Aldo Lado, 1972) e a Morte sospetta di una minorenne (Sergio Martino, 1975).


Il film parte subito in medias res: nella soffitta di una casa di un piccolo paesino in provincia di Brescia viene trovato il cadavere impiccato di Silvia Polesi, una ragazza di quindici anni; inizialmente si pensa al suicidio. Durante l’autopsia vengono rinvenute tracce di sperma (come recita con un’eccesso di finezza il film) “nella vagina, nell’ano e nello stomaco”; si inizia a pensare all’omicidio, ed i primi sospetti si concentrano sul fidanzatino, che però si scopre subito essere innocente.

Durante un blitz sul luogo del delitto, la polizia coglie Bruno Paglia (interpretato da Franco Fabrizi), un bizzarro uomo di mezza età, impegnato a scattare foto alla soffitta dal tetto del palazzo di fronte: dal rullino che gli viene sequestrato, oltre alle foto del cadavere, gli sviluppi fotografici confermeranno alla polizia che Paglia si divertiva a spiare gli incontri amorosi della sventurata ragazzina. Se la polizia riesce subito a provare che Paglia è un guardone, tuttavia non ha elementi a sufficienza per avviare le indagini preliminari a suo carico: si trova così costretto a rimetterlo in libertà.

Nel frattempo il caso è passato dalle mani dell’ispettore Valentini (Mario Adorf) ad un tostissimo ispettore Silvestri (Claudio Cassinelli), che con il suo carisma fa sì che i poliziotti incaricati delle indagini almeno in questa pellicola non facciano la parte – che solitamente in questo genere di film gli spetta – dei totali incapaci. Silvestri va a fare visita ai genitori di Silvia: dopo che il padre protesta per la totale mancanza di tatto da parte della polizia giudiziaria nel diffondere la notizia ai giornali (a suo dire infatti avevano descritto la figlioletta come una puttanella), la signora Polesi confessa all’ispettore che la figlia era sessualmente attiva già da tempo e che, quando ella lo scoprì, minacciò di suicidarsi qualora lo riferisse al padre (che difatti fino a quel momento nulla sapeva).

Viene intanto rinvenuto un secondo cadavere, nel bagagliaio di un auto parcheggiata in un luogo appartato delle campagne bresciane; il corpo è stato fatto a pezzi con una mannaia. Dopo il riconoscimento del cadavere, Silvestri fa visita in ospedale all’amante della seconda vittima, la quale sapendo che il suo ormai ex partner era invischiato in un giro losco, ovviamente non riferisce nulla di utile all’ispettore. Dopo che però la notte stessa la sua vita viene attentata da un misterioso killer di argentiana memoria in tuta di latex nero e casco da motociclista – che con una mannaia tra l’altro recide anche una mano ad un poliziotto del seguito di Silvestri in una delle scene più splatter del film – si decide a parlare e consegna alla polizia un nastro che il suo amante custodiva gelosamente.

Il nastro rivela gli incontri tra alcune ragazzine della stessa età di Silvia Polesi e certi non meglio identificati uomini di mezza età: si inizia a delineare un quadro di prostituzione minorile nel quale gli “utilizzatori finali” del servizio sono dei viscidi ricconi. In una registrazione contenuta sul nastro, l’ispettore Valentini riconosce anche la voce della figlia, la quale confesserà tra le lacrime (sue e del padre) di essere stata invitata ad unirsi al “giro” da una sua compagna di classe, la quale viene poi regolarmente interrogata da Silvestri.

Intanto il misterioso killer cerca di uccidere anche Vittoria Stori (interpretata da Giovanna Ralli), l’assistente dell’ispettore Silvestri. Dopo averla attesa nel parcheggio sotterraneo per le auto del suo condominio, si avventa al suo inseguimento brandendo la solita famigerata mannaia, uccidendo tra l’altro con un colpo secco alla nuca anche l’autista della Stori che, ignaro di tutto, era ritornato indietro per una facezia (altra scena splatter memorabile). Il killer segue la Stori fino al piano del suo appartamento, aspettandola persino all’uscita dall’ascensore, ma il provvidenziale intervento del portiere del condominio salva la donna da una morte certa.

Ad essere ucciso dal killer-motociclista è invece Bruno Paglia, che risulta quindi anch’egli implicato nella faccenda. La situazione è molto delicata e sembra non avere via d’uscita, ma l’astuzia dell’ispettore Silvestri si rivela essenziale per risolvere il caso. Egli infatti, volendo fare uscire allo scoperto tutti gli “utilizzatori finali” del racket di prostituzione minorile, dichiara ai giornali di aver risolto il caso grazie ad una telefonata ricevuta dallo stesso Paglia (del quale nasconde ai giornali la morte) e di essere perciò in possesso di tutti i nomi dei colpevoli. La sua assistente Stori non è d’accordo e tenta in tutti i modi di opporsi, ma il piano di Silvestri funziona: il dottor Marcello Tosti, psicologo di Silvia Polesi, abbocca come un pesce e si suicida tagliandosi le vene nella vasca da bagno del suo appartamento.

La morte del dottor Tosti diventa essenziale per la risoluzione del caso. Silvestri chiude il cerchio e quella che ne esce è la verità che in precedenza si stentava a credere tanto fosse lurida: Tosti, Paglia e altri uomini altolocati di età ormai avanzata attiravano le ragazzine e, dopo averle drogate, le violentavano barbaramente. Inoltre, la polizia giudiziaria guidata da Silvestri entra nello studio del fu dottor Tosti ed ivi rinviene la lista completa di tutti gli stupratori del racket, alcuni dei quali ricoprono incarichi molti importanti all’interno dei vari ministeri del governo. Intanto il killer-motociclista viene riconosciuto da due bambine e braccato dalla polizia, che lo fa secco nella pubblica piazza con una scarica di colpi di pistola.

Silvestri è fiero di aver risolto al meglio il caso di sua competenza ma quando, dopo aver trasmesso le liste dei colpevoli al sovrintendente, quest’ultimo gli risponde che esse sono documenti troppo delicati per poter essere divulgati alla stampa (lasciando di fatto impuniti i veri colpevoli della vicenda), l’ispettore non la prende affatto bene. Dopo aver accettato amaramente la decisione del suo superiore, con un moto d’orgoglio (ed una battuta epica) lo apostrofa in questo modo: “C‘è ancora qualcos’altro che vorrei dire? …vorrei dire: vaffanculo!”. La vicenda si conclude così con un finale amaro, con il quale un disilluso Dallamano pone lo spettatore di fronte al marcio all’interno delle istituzioni italiane e all’abuso di potere delle medesime di fronte alla giustizia e ai cittadini indifesi (tutti spunti di riflessione, purtroppo, attualissimi in Italia).

Come detto in apertura, La Polizia chiede aiuto, sebbene non raggiunga il picco del regista nel genere giallo-polizziottesco, si può definire senza dubbio un buon film per appassionati sia di polizieschi sia di giallos italiani. Inoltre, intuendo il declino del genere giallo e il nascente interesse nazionale per le pellicole di matrice più sanguinolenta (ricordiamo che Dario Argento solo un anno dopo avrebbe realizzato Profondo Rosso), contamina una tipico plot giallo-polizziottesco con situazioni più tipiche del thriller (soprattutto la presenza dell’assassino munito di mannaia) e lo ravviva con scene dichiaratamente splatter/slasher, palesando anche un certo gusto del macabro nel mostrare cadaveri fatti a pezzi, schizzi di sangue, mutilazioni oltre alle solite scene di nudo (sfiorando in tal modo l’exploitation).

In questo potpourri di generi, Dallamano non trascura però il lato più dichiaratamente poliziesco del suo film, fornendoci tra le altre cose anche un magnifico inseguimento tra una volante intera della polizia, capitanata dall’auto guidato dallo spericolato Cassinelli, e la moto del killer vestito di latex. Non dimentichiamo inoltre che lui, il killer della vicenda, riveste in realtà solo un ruolo marginale nell’economia del film: al contrario del killer dei thriller di Argento, spietato e psicologicamente raffinato, egli è solo l’esecutore materiale di trame tessute da personaggi ben più sinistri di lui. Per quanto riguarda i “buoni”, i personaggi che nel film stanno dalla parte della legge sono tutti caratterizzati in modo buono. Persino la Ralli, nonostante non sembri del tutto a suo agio in un film di questo genere, non sfigura in confronto alle aspettative. Molto buona anche la colonna sonora di Stelvio Cipriani.

Per quanto riguarda i personaggi maschili della vicenda, se l’ottimo Cassinelli come già accennato nobilita nuovamente la figura dell’ispettore in questo genere di pellicole, Adorf nella sua interpretazione stupisce per la sua umanità e fa quasi tenerezza nel suo scoramento alla notizia della partecipazione della figlioletta agli incontri hard con i viscidi ricconi. Entrambi, a modo loro, impersonano l’impotenza del cittadino e della legge di fronte all’abuso di potere delle istituzioni. La pellicola si apre e si chiude con un messaggio di denuncia che avvisa lo spettatore dei pericoli che gravano sui minori italiani, fornendo un terrificante dato di cronaca che, dopo la visione di La Polizia chiede aiuto, rende ancora più amaro il contenuto del film.

Video:

Trailer italiano del film.

Valutazione: 7.8

2 commenti

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2 risposte a ““La Polizia chiede Aiuto” (1974)

  1. Valo

    Bellissimo film, otttima recensione, ottimo Cassinelli, uno dei migliori attori del filone (sicuramente superiore al Callaghan italiano alias Maurizio Merli).

    Due appunti all’articolo: Cassinelli interpreta un commissario e non un ispettore, e la Ralli non è una sua “assistente” ma il magistrato, quindi suo superiore diretto nella direzione delle indagini, tanto che infatti il killer viene inviato ad uccdiere lei e non Cassinelli.

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