“Maladolescenza” (1977)


Vuoi giocare all’amante felice,
fingere di piangere, un funerale?
Vuoi vivere, vivere per sempre,
vivere nel gioco, che diventa reale?
Sdraiarsi tra i fiori per terra,
e dimmi, vuoi giocare alla morte?

Maladolescenza (il titolo originale, essendo stato girato in Austria per aggirare la censura italiana, è Spielen wir Liebe) è un film estremamente controverso del 1977, diretto da Pier Giuseppe Murgia (che tra l’altro negli anni a seguire inventerà il format della trasmissione tv Chi l’ha visto?). L’interpretazione di due attrici non ancora dodicenni e la presenza di numerose scene di nudo, sesso e violenza ne hanno decretato una fama maledetta, ma lo spettatore che saprà assistere al film senza pregiudizi potrà essere in grado di scorgere dietro questa superficie exploitation un valore intrinseco realmente sussistente.


Trama:

Laura (Lara Wendel) e Fabrizio (Martin Loeb) sono due ragazzini che si incontrano ogni estate nel bosco accanto alla casa dei loro genitori. Fabrizio è un ragazzo solitario, che ha solo un cane come compagnia; Laura è timida e ancora legata alla dimensione dell’infanzia. Questa estate Laura si sorprende del cambiamento caratteriale di Fabrizio: questi è divenuto improvvisamente crudele, e inizia a tormentare Laura in molti modi fin dal suo arrivo, prima cercando il contatto sessuale e poi, quando viene respinto, gettandole un serpente addosso e uccidendo un uccellino davanti ai suoi occhi.

Un giorno essi iniziano la scalata della “Montagna Blu”, un alto rilievo del luogo. Sul tragitto, in una zona solitaria ed inesplorata del bosco, scoprono rovine di antichi edifici. Esplorandoli, trovano una caverna. Dentro di essa, Fabrizio seduce Laura, la bacia, la spoglia e ha con lei un rapporto sessuale. Gli atteggiamenti crudeli di Fabrizio si uniscono alle sue nuove pulsioni sessuali, al punto che egli sembra invasato dal desiderio, arrivando quasi a violentare l’amica.

Gli eventi precipitano quando i due incontrano Silvia (Eva Ionesco), una ragazzina spigliata, ubbidiente nei confronti di Fabrizio e disinibita. Fabrizio sviluppa immediatamente una fascinazione per lei. Silvia si accorge dell’interesse di Fabrizio nei suoi confronti e subito prende il posto di Laura, che viene così relegata dai due al ruolo di serva e vittima. Le umiliazioni alle quali i due sottopongono Laura si fanno sempre più insostenibili. Ad un certo punto cacciano Laura con arco e frecce, affermando di volerla uccidere e fingendo di gettarla giù da un burrone. Poi, per sfregio, fanno l’amore di fronte a lei, obbligandola ad assistere alle loro effusioni.

Alla fine dell’estate Fabrizio insiste per portare anche Silvia alla caverna, per la prima volta. Tutti e tre si rifugiano poi nella caverna per sfuggire ad una tempesta e Fabrizio finge di essersi perso, per costringere Silvia a rimanere con lui per sempre. Ma Silvia continua a ripetere che deve tornare dai genitori perché il giorno seguente è previsto il ritorno a casa: la ragazzina scoppia in lacrime chiamando la sua mamma, mentre ogni traccia di maturità sembra essere stata cancellata dal terrore della caverna. Laura cerca di consolarla, ma ogni tentativo è inutile. La situazione degenera tragicamente: Fabrizio, ferito dall’impossibilità di restare con Silvia, la uccide con un coltello e ordina a Laura di fuggire dalla caverna, dove egli decide di rimanere.


Commento:

Parlare di un film come Maladolescenza è estremamente difficile, se non altro per il fortissimo elemento di controversia che la pellicola si porta dietro dal 1977, l’anno della sua uscita nelle sale. Il film fu prodotto da due agenzie di Monaco e da una italiana e filmato nell’Austria del nord e in Carinzia nel 1976. Murgia evitò di girarlo in Italia per evitare problemi con le leggi italiane, a causa della giovanissima età degli interpreti (le due ragazzine non avevano ancora dodici anni) . La scelta di far interpretare la parte di Silvia alla piccola Eva Ionesco non fu casuale: la ragazzina era all’epoca già famosa per le controversie dovute alle sue pose erotiche in foto scattate e pubblicate dalla madre, quando aveva solo 5 anni.

D’altra parte è molto comprensibile il fatto che alla sua uscita Maladolescenza provocò feroci proteste di critica e pubblico, al punto che molti spettatori se ne andarono indignati dai cinema e che le sale stesse ritirarono immediatamente la pellicola, per poi presentare una versione edulcorata della durata di 77 minuti, purificata di tutte le scene di nudo, di sesso e di morte. In casi simili, un giudizio artistico risulta molto complesso, in quanto esso deriva prettamente dall’impatto dell’opera cinematografica (e qui l’impatto è decisamente elevato), ma deve fare i conti per forza di cose anche con un senso della morale e dell’etica comune: vale a dire, anche nell’arte c’è una linea di confine che la maggior parte degli spettatori pensa non sia lecito sorpassare.

Non voglio negare che Maladolescenza sia un film eccessivo e talvolta scioccante, ma se lo spettatore medio riuscisse ad essere talvolta più obiettivo (con se stesso, prima ancora che con gli altri) probabilmente al film verrebbe riconosciuto quel minimo di valore artistico che effettivamente possiede. D’altra parte se una persona arriva a conoscere e a visionare Maladolescenza significa che c’è stata una ricerca in questa direzione da parte sua, e quindi avrebbe potuto fermarsi ben prima della visione del film. Inoltre nel corso degli ultimi decenni sono usciti diversi titoli (per lo più orientali) il cui unico scopo è scioccare lo spettatore, al punto di arrivare a girare il film come se fosse uno snuff movie: anche Cannibal Holocaust (Ruggero Deodato, 1980), per quanto realistico e scioccante sia, è senza dubbio uno dei grandi capolavori del cinema estremo dell’era moderna.

Lasciando quindi perdere le questioni morali ed etiche (le due attrici “lolite” d’altra parte, al momento delle riprese, erano più che consenzienti tanto che anche in seguito fondarono le proprie carriere su questo tipo di immagine), Maladolescenza presenta un impianto narrativo dichiaratamente arthouse proprio nel suo essere sopra le righe. L’exploitation raggiunge qui livelli mai visti prima (e che forse mai più si vedranno nelle sale), ma la cosa interessante dell’opera di Murgia è che la violenza e la nudità vengono mischiate con l’elemento infantile (l’infanzia, l’ingenuità, la paura di crescere) che permea tutta la pellicola. Ne deriva, al termine della visione, un senso poetico di decadenza e sporcizia, con il quale lo spettatore dovrà necessariamente fare i conti; ma ciò non è da vedere come una cosa negativa, in quanto proprio per questo si può dire che il regista abbia raggiunto il suo obiettivo.

Maladolescenza appare infatti al tempo stesso delicato e infantile, crudele ed osceno. La pellicola ha la struttura di una fiaba per bambini ed è ricco di richiami metaforici tipici della novella infantile (il lupo che simbolizza la bestialità, il serpente che simbolizza il peccato, le rovine che simbolizzano il decadimento della purezza, la caverna di ghiaccio che simbolizza la trappola del diventare adulti), ma nel suo mix di elementi appare inevitabilmente cupo e pessimista, una favola nera giustamente senza un lieto fine. Forse chi critica così tanto Murgia dovrebbe vedere il magnifico Valerie a Tyden Divu (Viteszslav Nezval, 1970), film polacco sperimentale di sette anni prima che tratta bene o male le stesse tematiche ma in un’ottica ancora più allucinata (per inciso, la protagonista al momento delle riprese aveva 13 anni).

Gli stessi interpreti di Maladolescenza sembrano comunque non dare importanza alle critiche e dimostrano il fatto loro: pur con i limiti ovvi per degli attori della loro età, riescono a fornire una prestazione convincente nel loro infantilismo contemporaneamente candida e tragica. Coloro che del diciassettenne Martin Loeb notano solo l’imbarazzante pettinatura, ignorano del tutto la sua interpretazione irrequieta e tormentata. Coloro che criticano Murgia per aver messo in scena due ragazzine dodicenni in atteggiamenti sconvenienti, non riescono a scorgere che Lara Wendel e soprattutto Eva Ionesco sanno perfettamente quello che fanno e non ci pensano un attimo a tirarsi indietro, anzi riescono a dimostrare molta più professionalità della maggioranza delle attrici maggiorenni del loro tempo.

L’elemento erotico che permea il film esiste, è inutile negarlo, ma generalmente si tende a sottolineare solo quello ignorando il resto. Le scene di nudo o di sesso simulato non sono un’invenzione dei detrattori, ma bisogna notare come esse vengano calibrate ed inserite all’interno di una narrazione fiabesca e cupa, da favola nera dell’infanzia e della prepubertà, destinata a infondere scompiglio e sacrilegio nell’animo dello spettatore, creando un mix che si avvicina molto al film francese di qualche anno prima Mais ne nous délivrez pas du mal (Joel Seria, 1971). E’ d’obbligo sottolineare anche le belle musiche folk di Jurgen Drews e la fotografia ferma, pulita ed artistica. In definitiva, gli spettatori prevenuti e coloro che sono consapevoli di dare troppa importanza all’etica e alla morale, persino nel campo dell’arte, sono pregati di stare a debita distanza da Maladolescenza. Coloro che hanno una visione più elastica dell’arte, invece, potranno persino emozionarsi nel finale, quando sullo schermo scorre la splendida poesia dell’ungherese Kosztolányi Dezső, dal titolo Vuoi giocare?



Video:
Alcune immagini del film.


Valutazione: 75/100


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Film simili:

Valerie a Tyden Divu (1970)

Mais ne nous délivrez pas du mal (1971)


2 commenti

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2 risposte a ““Maladolescenza” (1977)

  1. Anch’io riconosco un valore alla pellicola, ma il discorso resta fatalmente sempre lo stesso: è lecito mostrare la sessualità infantile (perchè di dodicenni si tratta) utilizzando ragazzini in modo così esplicito?
    Si poteva parlare del tema senza usare le immagini scioccanti usate per Maladolescenza?
    Probabilmente il giudizio, mai come in questo caso, è affidato allo spettatore; chi sa di cosa tratta il film, accetta di vedere questo tipo di immagini e di osservare una ematica “forte”
    Ciao e complimenti per l’ottima trattazione

    • Ovviamente la questione è molto spinosa, ed il mio stesso pensiero a riguardo è non privo di riserve. Ma da recensore dovendo decidere se stare da una parte della barricata o dall’altra, preferisco riconoscere il valore dell’opera piuttosto che farmi il sangue amaro per le nudità delle giovani attrici (che – particolare secondo me centrale del discorso – erano comunque ampiamente consenzienti nel girare tali scene al punto che poi hanno improntato tutta una loro carriera di attrici su quei “ruoli”).
      Grazie del commento e dell’intelligenza dimostrata nel medesimo

      M

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