“El Topo” (1970)


“You are seven years old. You are a man.
Bury your first toy and your mother’s picture.”

El Topo (in spagnolo: “la talpa”) è un film del 1970, diretto scritto ed interpretato dall’attore e regista cileno Alejandro Jodorowsky. Impregnato di surrealismo, di simbolismo cristiano e di filosofia orientale, il film è considerato un vero e proprio cult movie dagli appassionati di cinema underground. E’ anche considerato il primo western surrealista.


Trama:

Il film è diviso in due parti. La prima parte si svolge in un deserto. El Topo dice al figlio che ormai ha sette anni e deve seppellire nella sabbia il suo primo giocattolo e una foto di sua madre. Quindi, i due cominciano il loro viaggio. Trovano subito una città dove tutti gli abitanti sono stati uccisi e mutilati. El Topo vendica la città cercando e uccidendo i fuorilegge che hanno massacrato la popolazione. Scopre che i fuorilegge sono sotto il comando di un colonnello che ha preso in ostaggio un’altra cittadina e i suoi abitanti. El Topo uccide il colonnello e i suoi scagnozzi, poi lascia suo figlio con i monaci del monastero di quella città. Parte a cavallo con una donna che il colonnello trattava come una schiava, a cui El Topo dà il nome di Mara. Mara convince El Topo a sconfiggere i quattro maestri pistoleri e diventare così il più grande pistolero del deserto.

Il primo duello si svolge tra El topo e un uomo cieco dalla voce di donna, vestito solo con un perizoma e guidato da un uomo senza gambe che cavalca un uomo senza braccia. L’uomo afferma di essere invulnerabile alle pallottole perché non oppone loro alcuna resistenza, e gli dà anche una dimostrazione del suo potere. El Topo uccide il maestro con un trabocchetto: prepara una botola per intrappolare il maestro, facendogli perdere la concentrazione, mentre Mara uccide i suoi due servitori. Una donna senza nome con una voce maschile trova la coppia e si offre di condurli dal prossimo pistolero. La donna misteriosa dà a Mara uno specchio di cui Mara si innamora. Il pistolero è frustrato per la vanità della donna e spara allo specchio.

Il secondo pistolero è uno zingaro girovago, accompagnato da sua madre e da un leone. Dopo aver battuto El Topo in un duello, il gigantesco uomo mostra a El Topo come è riuscito a diventare così forte. Racconta a El Topo di aver rafforzato le sue dita lavorando il rame per creare oggetti delicati come piramidi di stuzzicadenti. Dice anche che lui è vivo e forte perché ha sua madre che lo ama e si prende cura di lui, mentre El Topo, invece, è solo nel suo mondo e vive solo per distruggere gli altri. Poi l’uomo decide di dare al pistolero nero un’altra possibilità. Mentre si allontana, El Topo mette per terra i frammenti dello specchio di Mara. La madre dell’uomo dà a El Topo il suo revolver e poi calpesta i frammenti di specchio. Preoccupato per sua madre, il bruto dimentica il duello con El Topo. L’uomo in nero allora spara alla nuca dello zingaro pistolero, uccidendolo.

Il terzo maestro pistolero vive in una fattoria dove alleva conigli. Non appena El Topo arriva nella sua fattoria i conigli cominciano a morire. I due suonano insieme, poi confrontano il loro modo di uccidere sparando ai corvi. Il terzo maestro fa notare al El Topo che egli mira alla testa, mentre il maestro spara al cuore del corvo. Poi comincia il duello e il maestro colpisce El Topo al petto facendolo cadere. Però El Topo si rialza ridendo, non impressionato dalla pallottola, e spara all’allevatore di conigli ormai indifeso, poiché la sua pistola può sparare solo un colpo alla volta. El Topo tira fuori dalla giacca una piastra di rame – un regalo del precedente maestro pistolero. Anche se ha vinto il duello, El Topo comincia a interrogarsi sulla propria moralità. In un atto di rispetto per il maestro, costruisce per lui una tomba fatta di conigli morti.

Dopo aver viaggiato ancora nel deserto, El Topo arriva all’ultimo, spartano, maestro pistolero. L’uomo indossa solo una fascia di stoffa intorno ai fianchi e i suoi capelli grigi gli scendono fino alla vita. Vicino a lui c’è un retino da farfalle. El Topo vorrebbe battersi a duello con lui, ma l’uomo dice di non avere una pistola, perché tanti anni prima l’ha barattata con il retino. I due allora fanno a pugni, ma El Topo non riesce a mettere a segno neanche un colpo. Frustrato, El Topo cerca di sparare all’uomo, ma questi prende le pallottole con il suo retino e le rilancia contro l’uomo in nero. El Topo si rende conto che alla fine è stato sconfitto, perché non è riuscito a uccidere l’ultimo maestro e allora, deluso, si ritira. Allora il maestro, in lacrime, gli chiede se la sua propria vita vale veramente di essere presa. Quindi prende la pistola de El Topo e si spara, dimostrandogli che la vita non ha nessuna importanza. Prima di morire, dice “Tu hai perso!”.

El Topo, oppresso dal senso di colpa, distrugge la sua pistola e torna nei posti dove ha ucciso i maestri. La tomba del maestro allevatore di conigli viene incendiata, il maestro zingaro e sua madre vengono sepolti in una grande tomba di stuzzicadenti e la tomba del maestro cieco viene coperta di favi di miele. Poi la donna senza nome affronta El Topo e gli spara molte volte, provocandogli una serie di ferite sulle mani e sui piedi, molto simili alle ferite del Cristo. Allora Mara, frustrata per il suo fallimento, e forse innamorata della donna sconosciuta, inganna El Topo e gli spara. Le due donne abbandonano El Topo al suo destino, proprio come El Topo aveva fatto con suo figlio. La prima metà del film finisce con il pistolero portato via da una banda di strani esseri deformi.

Nella seconda metà del film, El Topo viene salvato da una banda di emarginati deformi che lo conducono nella loro comunità sotterranea. In quella caverna l’uomo, in stato di coma, medita per anni. Quando si sveglia, “rinasce” con l’aiuto degli emarginati, si taglia la barba e i capelli e indossa vestiti semplici che ricordano l’abbigliamento buddista. Decide di aiutare gli emarginati e, insieme a una nana che lo aveva accudito mentre era in coma, cerca di liberarli dalla loro prigione sotterranea. Usciti in superficie, i due scoprono che gli abitanti della città appartengono a una setta corrotta che uccide per divertimento, tratta gli schiavi come animali e si abbandona a piaceri sessuali sfrenati.

El Topo comincia a dubitare che sia stata una buona idea scappare dalla montagna, ma, avendo promesso di aiutare i deformi, decide di lavorare in città per comprare della dinamite. Contemporaneamente, arriva in città un uomo strano che, in poco tempo, diventa il nuovo prete della chiesa cristiana locale, ormai abbandonata (sostituita dalla religione pagana della setta). Il nuovo prete porta con sé un fucile e usa perfino delle munizioni vere durante il sermone in una finta roulette russa con i fedeli. La nana intanto rivela di essere innamorata de El Topo, ma si vergogna di quello che è. El Topo, per dimostrarle che la trova veramente bella, decide di sposarla e si dirige alla chiesa della città. Qui si scopre che il nuovo prete della città è il figlio de El Topo. In un impeto d’ira, il figlio minaccia di uccidere El Topo; ma la nana lo ferma, perché ha bisogno di lui per salvare il suo popolo.

Il figlio de El Topo, vestito di nero come faceva suo padre in passato, decide di risparmiare la vita de El Topo fino a quando questi avrà scavato l’uscita per il popolo sotterraneo. Con l’aiuto della nana e di suo figlio, El Topo scava un’uscita dalla caverna. Appena appare l’uscita, il popolo sotterraneo comincia a correre fuori dalla montagna. Il figlio de El Topo decide di lasciare andare il padre, poiché non riesce ad uccidere il suo maestro. Quando il popolo sotterraneo si avvicina alla città, i membri della setta li massacrano a colpi di fucile. El Topo in un impeto di rabbia, come se fosse posseduto da Dio, prende un fucile e comincia a uccidere i membri della setta, uomini e donne, vecchi e giovani. Dopo aver ucciso tutti nella città, El Topo prende una lampada ad olio, si versa addosso l’olio e si dà fuoco.

Il figlio e la nana sopravvivono al massacro e costruiscono una tomba per i resti de El Topo. La tomba diventa un alveare pieno di miele, come la tomba del primo maestro pistolero. La nana intanto, poiché era rimasta incinta, dà alla luce il figlio proprio quando El Topo muore (così che lo spettatore è portato a credere che il bambino sia la reincarnazione del pistolero diventato monaco). Il figlio de El Topo, che adesso indossa gli abiti del padre, abbandona la città e a cavallo si inoltra nel deserto con la nana e il bambino, proprio come El Topo e suo figlio all’inizio del film.


Commento:

Sebbene il regista avesse già alle spalle un lungometraggio (Fando y Lis, 1968), fu El Topo che fece conoscere l’eclettico regista cileno Alejandro Jodorowsky al mondo intero. Grazie al successo conseguente l’uscita del suo secondo lavoro, Jodorowsky venne ben presto considerato dalla critica come uno dei registi underground più estremi e geniali del mondo, e ricevette il plauso di molti artisti (tra i quali John Lennon, che ha sempre dichiarato che El Topo è il suo film preferito e che in seguito donò anche fondi a Jodorowsky per la produzione di The Holy Mountain, nel 1973).

El Topo, come il precedente lavoro del regista, salta subito all’occhio per la sua cripticità e per il suo simbolismo. Jodorowsky, partendo da uno scheletro narrativo western, nel suo pentolone magico mischia elementi di occultismo (la setta pagana con tanto di simbolo che ricorda l’occhio degli Illuminati), cristianesimo (El Topo ricorda Gesù Cristo, le sue ferite ricordano quelle di Cristo in croce, nella seconda parte del film ci sono altri vari richiami al messaggio evangelico) e filosofia orientale (l’aspetto e i vestiti del protagonista dopo la “rinascita” nella seconda parte del film, il tema della rinascita e della reincarnazione, il sacrificio rituale del protagonista che ricorda i suicidi che i monaci buddisti mettevano in atto in quegli anni per protestare contro la guerra in Vietnam). Il film presenta echi Buñueliani, elementi tipici dello spaghetti western di Sergio Leone, nonché forti messaggi di denuncia sociale-politica.

Ben più complesso rispetto al predecessore, El Topo si avvale di una complessa rete di richiami e di simbolismi costruita in modo arbitrario quanto geniale sulla trama tutto sommato semplice che sta alla base del film (un pistolero deve sconfiggere altri quattro pistoleri che abitano il deserto per conquistare l’amore di una donna). In questa prima parte del film, Jodorowsky tratta argomenti quali l’iniziazione (compiuta da El Topo nei confronti del proprio figlio), la dittatura e la schiavitù (il colonnello) e pone un confronto tra la vita di El Topo – una vita violenta e senza senso, fondandosi unicamente sulla distruzione del prossimo e sull’esaltazione del proprio io anche per mezzo di imbrogli e trabocchetti – e la vita dei quattro maestri, uccisi dal protagonista nonostante – e forse proprio a causa de – i loro rigidi, immacolati valori morali.

La seconda parte della pellicola è più complessa. In essa Jodorowsky affronta altri temi quali la degenerazione e la depravazione di alcuni culti, la morte del cristianesimo o quanto meno di una fede cristiana, il sesso e la violenza visti come metodi di sottomissione e comando delle masse, la ghettizzazione e discriminazione del diverso (gli esseri deformi), ma anche e soprattutto la nuova vita del protagonista, che si fonda non più sulla violenza e sull’esaltazione del proprio io bensì sull’amore verso il prossimo e sui valori morali più elementari; senza dimenticare ovviamente il sacrificio finale del protagonista come protesta verso l’insensatezza della violenza che regna nel mondo. Alcuni critici hanno addirittura voluto vedere nelle due parti di film il Vecchio e il Nuovo Testamento.

In poche parole, El Topo non è certamente un film di facile visione e tantomeno di facile lettura. Da molti considerato un capolavoro assoluto del cinema underground, da altri additato come film pretenzioso ed insensato nel suo cripticismo, resta comunque innegabile il grandissimo lavoro e l’immensa genialità di un regista come Jodorowsky che, a cavallo tra gli anni sessanta e settanta, fu uno dei personaggi più significativi ed estremi del cinema di nicchia. Sicuramente non piacerà a tutti, ma chi lo saprà apprezzare – per citare una frase dello stesso Jodorowsky – potrà vantarsi di essere un “Illuminato”.


Video:
Trailer del film.


Valutazione: 87/100


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Fando y Lys (1968)

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