“5 bambole per la luna d’agosto” (1970)


5 bambole per la luna d’agosto (conosciuto all’estero con la traduzione Five Dolls for an August Moon) è un film del 1970, diretto da Mario Bava e scritto da Mario Di Nardo. Praticamente interamente improntato sull’aspetto grafico-artistico e poco (e nulla) sulla trama, si potrebbe considerare quasi come una versione pop-art di Reazione a catena (1971), edulcorata e ripulita da tutte le splatterate e le implicazioni nichiliste che il precedente lavoro in questione del regista portava con sé.


Trama:

In una lussuosa e solitaria villa su un isolotto si svolge un festino. La villa è del magnate George (Teodoro Corrà), che ora si trova con la moglie Jill (Edith Meloni) e gli amici Mary (Edwige Fenech) e il marito Nick (Maurice Poli), Fritz (William Berger) e sua moglie Trudy (Ira von Furstenberg), Jack (howard Ross) e la sua ragazza Peggy (Helena Ronee). Essi sono stati invitati da George ed ora si divertono a simulare scherzosamente un delitto, l’omicidio di Jill. George in realtà ha invitato tutta questa gente per convincere Fritz, un ricercatore scientifico, a vendergli una formula rivoluzionaria: l’offerta è di un milione di dollari, ma lo scienziato non cede. Oltre a George anche Jack e Nick bramano la formula ma anche a loro Jerry risponderà picche. Sull’isola c’è anche Isabelle (Ely Galleani), giovane figlia del guardiano dell’isolotto.

Durante la prima notte di permanenza sull’isola Mary va a trovare il suo amante, il marinaio della barca che li ha condotti sul posto. La mattina dopo gli fa nuovamente visita e lo trova morto sulla spiaggia; la barca è sparita e la radio della villa, unico mezzo di comunicazione con la terraferma, è distrutta. Fritz è convinto che dietro l’omicidio, la sparizione della barca e la messa fuori uso della radio ci sia uno tra George, Nick e Jack, che lo vogliono trattenere a tutti i costi sull’isola per ottenere la formula.

Il giorno dopo all’improvviso un colpo di fucile raggiunge Fritz. Dopo pochi secondi arriva Isabelle e ne occulta il corpo; gli altri cominciano a cercarlo invano. Poco dopo Peggy viene uccisa con una fucilata mentre si trovava sul terrazzo, mentre Mary viene trovata pugnalata al cuore ed il suo cadavere viene rinvenuto appeso ad un albero. Il nervosismo tra i sopravvissuti sale e scattano scambi di reciproche accuse. La sera viene ritrovato il cadavere di Jill con le vene tagliate.

George, Trudy, Nick e Jack sono gli unici sopravvissuti si accusano violentemente. Il giorno seguente giungono sull’isola dei marinai ad ispezionare la casa, ma trovano tutta la casa vuota: non si sa dove tutti siano finiti. Poco dopo George, Trudy e Jack si risvegliano nel salotto e capiscono che qualcuno li ha drogati e nascosti mentre i marinai ispezionavano il luogo. Viene trovato il cadavere di Nick e George trova anche la barca nascosta: entra in casa per riferirlo agli altri ma trova Jack che lo uccide: confessa si essere stato lui, d’accordo con Trudy, a drogare gli altri ed a ucciderli per impossessarsi della formula. Jack vuole uccidere infine anche Trudy ma nello scontro a fuoco ambedue rimangono a terra esanimi. Isabelle entra e recupera la formula.

Nell’epilogo Isabelle va in carcere a trovare Fritz, che nel frattempo è stato condannato a morte per aver ucciso un collega, vero autore della formula ambita da tutti. Si capisce che era stata lei a sparare a Fritz, ma l’aveva fatto con una pallottola di pentotal: Fritz quindi era stato solo sedato da Isabelle che poi l’aveva nascosto per tutto il tempo. Sotto l’effetto della droga Isabelle gli aveva poi fatto confessare davanti alla polizia il suo delitto. I delitti nella casa rimarranno sempre ignoti per la legge. Isabelle saluta sarcastica Fritz e se ne va.


Commento:

Bizzarro italian giallo che punta tutto sull’aspetto grafico e poco sulla trama. Quest’ultima, scritta da Mario Di Nardo e non da Bava, è praticamente presa in prestito da “Ten little niggers” di Agatha Christe: in un ambiente isolato dal resto del mondo si trova riunito un manipolo di persone che, una dopo l’altra, muoiono tragicamente. Uno di loro è il colpevole, ma nessuno può sapere chi finché non si giungerà all’epilogo. Di Nardo aggiorna il soggetto secondo i gusti del giallo erotico all’italiana e quindi colloca la vicenda su una villa lussuosa e modernissima posta su un isolotto sperduto di modo che, tra un omicidio e l’altro, lo spettatore si può godere le bellezze femminili correre mezzenude sulla spiaggia o i protagonisti maschili sorseggiare il solito J&B.

Anche la sceneggiatura non è certamente l’obiettivo principale della produzione. I dialoghi appaiono piatti e banali, tanto trash da risultare addirittura surreali, in pieno stile sleaze anni settanta. Come detto tutta la fatica di Bava viene concentrata sull’aspetto scenico-grafico della pellicola: lo spettatore per tutti i novanta e passa minuti di film si immerge in un’esperienza pop-art. La bellissima villa con tutti i marchingegni e le comodità, l’atmosfera di vacanza e di deboscio nonostante i delitti, i vestiti alla moda dei personaggi, la bellezza delle attrici femminili: tutto sembra essere calcolato per compiacere l’occhio dello spettatore.

Mario Bava poi ovviamente ci mette del suo meglio per dare un senso al film, e lo fa con le solite inquadrature geniali (in una scena Isabelle si cambia d’abito specchiandosi su uno specchio d’acqua, poi si alza e per un istante viene concesso allo spettatore di “spiare” sotto il suo vestito) e con alcuni grandangoli fissi all’interno della casa che trasmettono al meglio allo spettatore l’atmosfera di rilassatezza ma allo stesso tempo di imminente pericolo all’interno della casa (non dimentichiamoci che alla fine si scoprirà che il colpevole è l’unica persona per così dire estranea al gruppo). Il notevole lavoro di Bava come direttore della fotografia è coadiuvato dal fotografo Antonio Rinaldi.

Anche gli omicidi sono mirabolanti e visivamente molto efficaci, come sempre nelle pellicole di Bava si assiste ad una sorta di spettacolarizzazione del delitto. In un omicidio la vittima viene pugnalata e poi lasciata penzolare da un albero (la Fenech), in un’altro una donna muore con le vene tagliate all’interno di una enorme vasca da bagno e il suo cadavere viene portato all’occhio dello spettatore facendogli seguire alcune biglie di vetro che cadono a terra in seguito ad una colluttazione tra altri due personaggi. Memorabile poi anche la scelta di Bava di riporre i cadaveri, di volta in volta, all’interno di una ghiacciaia.

Come spesso accade in molte pellicole anche successive del giallo-thriller all’italiana, ad un impianto stilistico sopra le righe ed originale corrisponde una totale mancanza di verosimiglianza nella trama. In questo caso è assurdo innanzitutto che Fritz accetti di collaborare con Isabelle e che, dopo essere stato stordito da questa, arrivi addirittura a confessare il suo precedente delitto prima a lei e poi alla polizia. Così come assurdo è il fatto che Jack e Trudy celino George dormiente proprio non appena arrivano i marinai ad ispezionare la casa, e anche loro in modo o nell’altra riescono a nascondersi e a non farsi trovare. Inoltre qui più che mai la tensione e la paura è pressoché assente al cento per cento.

Nel cast si distingue una giovane Edwige Fenech nel suo primo ruolo in un giallo all’italiana: poi farà molte comparse importanti nel genere soprattutto con Sergio Martino, ma anche con Andrea Bianchi e Giuliano Carnimeo. Doveroso menzionare anche la bella e fresca Ely Galleani all’esordio come attrice (successivamente anche in Una lucertola con la pelle di donna di Lucio Fulci, 1971;In nome del popolo italiano di Dino Risi, 1971; Baba Yaga di Corrado Farina, 1973 e alcuni poliziotteschi) nella parte della mefistofelica figlia del guardiano dell’isola. Tra gli attori maschili spiccano William Berger, noto per le sue molteplici interpretazioni nel filone spaghetti western, e Maurice Poli (qualche anno dopo memorabile in Cani arrabbiati dello stesso Bava, 1974).

Da sottolineare in modo positivo la colonna sonora particolarmente freak di Piero Umiliani. In definitiva, 5 bambole per la luna d’agosto è un film bizzarro, decisamente non per tutti: consigliatissimo agli amanti del filone sleaze italiano anni settanta, non invece a chi ama il thriller duro e puro con una certa tensione e omicidi cruenti. Si tengano lontani i mainstreamers e gli amanti della verosimiglianza. Coloro che in un film guardano soprattutto l’aspetto grafico-artistico invece saranno ampiamente soddisfatti.


Video:
Prima scena del film.


Valutazione: 70/100


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