“The 4th Floor” (1999)


The 4th Floor (conosciuto in Italia con il titolo Il mistero del quarto piano) è un film del 1999, scritto e diretto da Josh Klausner. E’ fortemente ispirato da Le Locataire (1976), uno dei capolavori del polacco Roman Polanski. Pur non potendo ovviamente competere con la pellicola ispiratrice, The 4th Floor si distingue comunque nel panorama thriller/horror degli ultimi anni grazie ad un cast d’eccezione (Juliette Levis, William Hurt, Tobin Bell) e alle sue atmosfere opprimenti e claustrofobiche.


Trama:

Greg Harrison (William Hurt) è il nuovo meteorologo di una stazione televisiva nazionale. La sua fidanzata, Jane (Juliette Lewis), arredatrice di interni, gli mostra l’appartamento in un vecchio edificio, in cui può subentrare per la morte di una vecchia zia rotolata giù per le scale. Greg è contrario perché così Jane non andrà a vivere da lui come promesso. Ma Jane non si lascia convincere e si trasferisce nella vecchia casa e fa conoscenza con Martha Stewart (Shelley Duvall) che abita lì da tempo. Incontra anche il minaccioso e un po’ suonato Jerry (Artie Lange), nipote della proprietaria del palazzo. Cominciano fatti strani: i campanelli suonano senza che nessuno sia alla porta, biglietti minacciosi di vicini chiedono il rispetto del silenzio e così via. Inoltre, dalla finestra Jane vede nell’appartamento di fronte qualcosa che le sembra un omicidio.


Commento:

Opera prima del regista statunitense Josh Klausner. Fin dalle prime sequenze si capisce palesemente come l’ispirazione sia Le Locataire (1976) di Roman Polanski. Innumerevoli i punti in comune: innanzitutto la protagonista (qui la giovane e avvenente Juliette Lewis) si trasferisce in un condominio signorile (in tutto e per tutto simile a quello del film di Polanski – si notino in particolar modo le scale) dopo che la precedente inquilina – sua zia – è deceduta in circostanze poco chiare (casualità? suicidio? omicidio?). Il film continua sulla falsariga dell’originale: subito la protagonista ha problemi col vicinato, in particolare con l’inquilina del piano di sotto che la accusa di fare troppo rumore; inoltre il resto del condominio è abitato da strani individui (un minorato mentale, una coppia di anziani sordi e ciechi, un guardone che sembra nascondere qualcosa e un misantropo). Anche i personaggi secondari grossomodo ricalcano quelli messi in scena da Polanski in Le Locataire.

Klausner non ricalca solo il soggetto ma fa razzia anche delle finezze polanskiane: così in una scena la Lewis, affacciandosi alla finestra, vede un uomo che sta per indossare un parrucchino (come il signor Trelkowsky); in un’altra scopre che nella sua parete è stato fatto un buco (le larve e i topi che tramite esso giungono all’appartamento della protagonista è una novità grossolana, non all’altezza del genio del regista polacco); si noti inoltre come in molte scene appaiono simboli egizi o richiami a civiltà antiche, caratteristica che era presente anche nell’originale di Polanski. Klausner sfrutta anche alcune inquadrature, come quella deformante (grazie all’utilizzo di un’apposita lente fish-eye) dallo spioncino.

Il regista non razzia solo Le Locataire: la scena in cui la Lewis vede dalla finestra di casa sua un corpo nudo sul letto, che successivamente scompare, è una chiara citazione di Rear Window (1954) di Hitchcock – questa scena peraltro verrà ripresa anche nel famosissimo What lies beneath l’anno successivo (film che utilizza anche il colpo improvviso del volto del presunto assassino che appare all’improvviso ad una finestra dove precedentemente non vi era nessuno). In qualche scena Klausner prende persino ispirazione dall’horror argentiano (le larve, prese direttamente da Phenomena, e il cadavere in decomposizione, ma anche lo schema del condominio che sotto sotto cita Inferno).

Sebbene troppo derivativo, The 4th Floor si distingue comunque come uno dei titoli thriller/horror hollywoodiani più interessanti degli ultimi anni (se non altro prende spunto da capolavori che hanno segnato la loro epoca e non si riduce al solito teatrino di colpi telefonati che spopolano nella stragrande maggioranza dei film di paura odierni). Ottime le atmosfere opprimenti e malsane, la fotografia scura che sfrutta al massimo una location adattissima allo scopo, le musiche (anch’esse citano in parte Le Locataire, sebbene si attestino per lo più sul livello medio delle colonne sonore del decennio duemila). Il finale (e il contro-finale) non è un vero e proprio colpo di scena (con un po’ di intuito si può capire senza problemi ogni cosa verso la metà della visione) ma costituisce comunque una soluzione abbastanza coerente e piuttosto intrigante.

Se The 4th Floor centra in buona parte l’obiettivo, grossa parte del merito è anche del cast stellare. Il ruolo della protagonista è assegnato a Juliette Lewis, già candidata agli Oscar come migliore attrice non protagonista nel 1992 per la sua interpretazione in Cape Fear di Martin Scorsese. Il marito, uomo brillante e noto metereologo, è il biondissimo William Hurt, che aveva iniziato la carriera negli anni ottanta come protagonista dell’allucinante Altered States del visionario Ken Russell (1980). Tra i vicini sospetti risalta il fabbro Tobin Bell, che poi diventerà famoso per aver prestato il proprio volto allo psicopatico enigmista della saga Saw e Shelley Duval (la moglie di Jack Torrance in The Shining). Austin Pendleton è l’ambiguo Mr. Collins.


Video:

Film completo in italiano.


Valutazione: 73/100


Film collegati:

Influenze:

Film ispirati:

Film simili:

Rear Window (1954)

Le Locataire (1976)

What lies beneath (2000)

Hide and Seek (2005)


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