“The little girl who lives down the lane” (1976)


Il loro gioco è fingere. Sai, consiste nel fare finta di vivere senza vivere veramente. Se stessi a sentire loro, sarei come loro.

The little girl who lives down the lane (conosciuto in Italia come Quella strana ragazza che abita in fondo al viale) è un film del 1976, diretto da Nicolas Gessner, basato su un racconto di Laird Koenig pubblicato nel 1974. Il film, che è considerato un cult movie anche e soprattutto grazie all’interpretazione mozzafiato di una Jodie Foster allora solo quattordicenne, unisce elementi drammatici e romantici, oltre a inglobare nella trama situazioni del genere giallo e thriller.



Trama:

Il poeta inglese Lester Jason, abbandonato dalla moglie e stanco, affitta una villetta solitaria nel Maine (USA-Nord); vi si ritira con la figlia 13enne Rynn cui assicura un conto in banca per 3 anni; quindi parte per una navigazione solitaria suicida. La solitaria ragazzina, tra l’altro educata dal padre nel terrore della gente, viene raggiunta dalla signora Lester; secondo le disposizioni ricevute, le offre del tè con una polveriera per «renderla meno aggressiva»; quindi, essendo morta poiché si tratta di cianuro, la nasconde nella cantina. Nel frattempo Rynn desta la curiosità della signora Hallet che, troppo invadente, cade nella botola e muore; e fatica ad evitare le intrusioni del figlio della stessa, maniaco sessuale. Diffidente nei confronti del sergente Migliorini, poliziotto che vorrebbe aiutarla, la giovane Jason attira verso di sé il nipote dello stesso, Mario, un ragazzo che l’aiuta a far scomparire i due corpi e la macchina della signora Hallet. Finito all’ospedale per una polmonite l’amichetto, Rynn viene aggredita senza via di scampo dal maniaco Hallet. Decisa a suicidarsi, mette nella propria tazza di tè il cianuro che le resta; ma il giovanotto, sospettoso, pretende lo scambio delle bevande e muore avvelenato.


Commento:

The little girl who lives down the lane è un film tanto bello quanto inclassificabile. Difficilmente sarà possibile etichettarlo sotto un genere preciso, dal momento che per tutta la durata della pellicola l’elemento drammatico/sentimentale e quello giallo/thriller si prendono per mano e vanno di pari passo, senza che nessuno dei due emerga mai fino al punto di sommergere l’altro. Il dramma narrato da Koenig e diretto da Gessner è infatti atipico (non senza risvolti grotteschi) così come lo è pure la relazione che si viene a creare tra la protagonista (una ragazzina di soli tredici anni) e Mario, il suo primo (e unico) amico.

La dimensione mystery/thrilling invece viene interpretata dal regista molto personalmente, senza seguire i ritmi e gli espedienti tipici del cinema giallo o di suspance: quest’ultima viene tramutata piuttosto in un velo invisibile che permea indelebilmente tutta la pellicola, pur senza sfociare in immagini scioccanti (eccezion fatta per il cadavere della signora Hallet e per l’uccisione dell’inerme criceto di Rynn) o in colpi di scena improvvisi (la trama si annida a poco a poco, al punto che quando i misteri della protagonista vengono rivelati lo spettatore medio già li ha potuti intuire senza troppa difficoltà). Sebbene dunque Gessner citi senza nasconderlo troppo Psycho (Alfred Hitchcock, 1960) e Lolita (Stanley Kubrick, 1962), sotto il punto di vista dell’atmosfera il film ricorda più titoli come To Kill a Mockingbird (Robert Mulligan, 1962) o Picnic at Hanging Rock (Peter Weir, 1975).

Da sottolineare come nella vicenda non venga presentato un personaggio esente da colpe o peccati. La protagonista si è macchiata (e si macchierà ancora) del crimine massimo, l’omicidio; il suo amico Mario è suo complice nell’occultamento di un cadavere; lo zio di quest’ultimo, il poliziotto Miglioriti, una volta toltosi la divisa fuma hashish e frequenta prostitute; la signora Hallet è un’ignorante razzista benpensante che tuttavia non si fa problemi ad infangare il tentativo di stupro su una bambina del suo figlio deviato, Frank, il quale in una scena del film uccide anche il criceto di Rynn dopo averlo seviziato con una sigaretta (in quella che probabilmente è la scena più cruenta del film).

In questo scenario generale di perversione istintivamente quella che (paradossalmente) ne esce meglio è Rynn, la quale – educata in modo quantomeno originale dal defunto (suicida) padre poeta – si prefigge l’obiettivo di vivere la sua vita con indipendenza, senza sottostare alle angherie altrui e senza lasciarsi ingabbiare nei recinti della società. Proprio per questo suo carattere peculiare, il suo personaggio affascina e contemporaneamente allarma chiunque ne entra in contatto. Si noti come la vicenda sembri governata da un fato ineffabile che laddove se ne avverti la necessità ristabilisce la giustizia: Rynn esce incolume sia dai soprusi della signora Hallet (che muore sbattendo la testa contro la botola della cantina della piccola che aveva voluto a tutti i costi violare) sia dal suo stesso tentativo di suicidio (la tazza di té avvelenata viene infatti per ironia della sorte “richiesta” dal suo persecutore Frank).

A giganteggiare in questo script è neanche a dirlo la protagonista, una giovanissima Jodie Foster (nello stesso anno anche nel cultissimo Taxi Driver di Martin Scorsese in un ruolo tutto sommato analogo) che plasma la sua verve artistica e le sue espressioni riuscendo a risultare ora innocente ed indifesa ora smaliziata e mefistofelica. Il personaggio da lei interpretato è un character a tutto tondo, incredibilmente coerente con le sue prese di posizione anti-sociali e con le promesse che ha fatto al padre e al tempo stesso contraddittorio (vuole tenere chiunque al di fuori della sua vita ma una volta conosciuto Mario non ne può più fare a meno; inoltre anche con il pedofilo Frank Hallet assume talvolta un atteggiamento ambiguo – ad esempio mentendo sulla sua età). Per questo la sua interpretazione – che riesce ad eclissare di gran lunga anche quella, comunque buonissima, di Scott Jacoby nei panni di Mario – è senza dubbio da Oscar. Menzioni speciali però si meritano anche gli altri attori principali del film, Martin Sheen e Alexis Smith – nei panni di un figlio e di una madre che si completano a vicenda – e Mort Shuman nella parte del poliziotto Miglioriti (anch’egli non esente da contraddizioni).

Alcune curiosità. Jodie Foster, al tempo delle riprese appena quattordicenne, si rifiutò di girare la scena di nudo prevista nello scritp e in tale ripresa venne sostituita dalla sorella maggiore Connie (ventunenne). Jodie inoltre provò invano ad impedire alla produzione di inserire la sequenza di nudo nel film, preoccupata che gli spettatori, vedendo la pellicola, pensassero che l’avesse girata realmente lei. Scott Jacoby (che nel film nei panni di Mario) in un’intervista del 1977 disse che il criceto ucciso da Martin Sheen in una delle scene più violente del film era in realtà già morto.


Video:
Trailer del film.


Valutazione: 80/100


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Film simili:

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Psyco (1960)

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Hard Candy (2005)

To Kill a Mockinbird (1962)

Picnic at Hanging Rock (1975)


1 Commento

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Una risposta a ““The little girl who lives down the lane” (1976)

  1. Laura

    Mi ha lasciato senza parole appunto perché è un film atipico. Soprattutto per l’interpretazione di Jodie Foster..
    Grazie per avermelo consigliato 🙂

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