Italian Giallo

Con la locuzione giallo all’italiana si identifica un genere cinematografico nato in Italia negli anni sessanta e sviluppatosi negli anni settanta, con caratteristiche diverse rispetto al giallo classico (o noir, o hard boiled). Il giallo all’italiana presenta una notevole componente thriller, omicidi ingegnosi e talvolta poco verosimili (che spesso sfociano nell’horror e nello splatter), una buona componente erotica e un assassino seriale la cui misteriosa identità verrà rivelata solo alla fine della pellicola. Il più delle volte il movente dell’assassino è riconducibile ad una ragione economica (un’eredità, per esempio) o ad una psicosi mentale o sessuale, spesso conseguente ad un trauma sofferto durante l’infanzia.

Il predecessore del giallo all’italiana è il film del 1963 di Mario Bava La ragazza che sapeva troppo, considerato il film che ha aperto la strada ad altri registi e pellicole simili: sino ad allora infatti i film thriller erano più onirici e inverosimili, spesso coadiuvati da ambientazioni gotiche o posti in un passato remoto, in modo da creare una sorta di distacco emotivo tra la vicenda e lo spettatore. Nel 1964 spetta sempre a Bava fondare i tratti caratteristici del genere, con il film Sei donne per l’assassino (il killer vestito con impermeabile scuro, guanti e cappello; mpd che segue la soggettiva dell’assassino; delitti particolarmente elaborate ed efferati; musiche ossessive; primi accenni di nudità femminile e scene di sesso). Nel 1965 Luigi Bazzoni scrive e dirige insieme a Franco Rossellini La donna del lago, un thriller che pur rimanendo ancorato alla tradizione presenta alcuni elementi che diventeranno poi topos del giallo all’italiana (per esempio il fatto che l’assassino è una donna, per di più segnata da un trauma psico-sessuale).

"Perché quelle strane gocce di sangue sul corpo di Jennifer?" (1974)

Durante gli anni settanta assistiamo all’estremizzazione della rappresentazione grafica e della narrazione del giallo all’italiana (la trama si infittisce di delitti sempre più efferati, gli assassini sono a volte anche più di uno allo scopo di disorientare lo spettatore, vengono ideati nuovi espedienti per rendere ancora più complessa la risoluzione dell’enigma concernente l’identità dell’assassino e il suo movente). Fra il 1969 e il 1971 escono tre film di Dario Argento che consacrano il genere (L’uccello dalle piume di cristallo, Il gatto a nove code e 4 mosche di velluto grigio). Argento, raccogliendo l’eredità di Bava, divenne il nuovo regista cardine del giallo all’italiana, privilegiando una maggiore attenzione nella messinscena dei delitti e un maggior ricorso agli effetti speciali (seguendo l’insegnamento di Bava che ne fece sempre largo uso), e dando vita ad alcune geniali invenzioni che avrebbero dettato scuola nei numerosi film che seguirono. Talvolta il giallo all’italiana vira in modo deciso sullo slasher-splatter, come nel caso di Reazione a catena di Bava e di I corpi presentano tracce di violenza carnale di Sergio Martino. Proprio a Martino si deve invece una connotazione più violenta e soprattutto più erotica del genere, grazie anche alle memorabili interpretazioni di una Edwige Fenech in stato di grazia (Lo strano vizio della signora Wardh, Tutti i colori del buio). Alcuni film di questo periodo presentano anche tratti in comune con il sotto-genere del thriller cospirazionista fondato per primo da Roman Polanski: ricordiamo per esempio La corta notte delle bambole di vetro di Aldo Lado e Il profumo della signora in nero di Francesco Barilli. Prendendo spunto da Argento, Bava e Martino, si fece strada nel genere anche Lucio Fulci, che prima di sfondare nell’horror realizzò alcuni film cardine per il giallo all’italiana (Una lucertola con la pelle di donna, Non si sevizia un paperino, Sette note in nero). Nel 1975 Dario Argente fece uscire nelle sale il suo capolavoro, nonché probabilmente il massimo zenit del genere, Profondo rosso; poco dopo fece scalpore La casa dalle finestre che ridono di Pupi Avati, film del 1976 che presenta forti affinità con il genere horror. Al di fuori del panorama italiano, ricordiamo che nel 1973 uscì nelle sale inglesi un film di Nicolas Roeg intitolato Don’t look now, la cui trama e messa in scena ricordava molto da vicino il genere del giallo all’italiana, anche per l’ambientazione a Venezia.

"Cosa avete fatto a Solange?" (1972)

Verso la fine degli anni settanta, coincidenti con la nascita negli Stati Uniti di un nuovo modo di fare cinema thriller e horror, il genere giallo italiano ha subito una forte riduzione di interesse, sia in termini qualitativi che in termini quantitativi. Poche sono state le pellicole che sono rimaste devote ai primi film del genere: tra queste ci sono Solamente nero di Antonio Bido, Lo squartatore di New York di Fulci, Tenebre di Argento.


Filmografia essenziale:

(★ = film must del genere)